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La Stampa

Il giallo del Brunello impuro ... Utilizzate uve non consentite per soddisfare il gusto dei mercati stranieri... Dalle colline di Montalcino l’eco dei rumors rimbomba in tutto il mondo del vino: sul Brunello, o meglio sui vigneti da cui si produce questo simbolo della cantina-Italia, è in corso un’indagine della Repressione Frodi e della Guardia di Finanza, che hanno prelevato al Consorzio di tutela i fascicoli che identificano i terreni coltivati a uva sangiovese, madre di tutti i brunelli. Che cos’è successo? In alcuni vigneti, 17 ettari sui circa 2000 iscritti alla Docg sono state individuate viti di Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot, qualità diverse da quella prescritta. Insomma, un Brunello corretto con altre uve, per avvicinano ai gusti internazionali. Nell’inchiesta pare siano coinvolti anche grandi nomi, come le cantine Antinori, Frescobaldi e Argiano, i cui responsabili si dicono certi di chiarire al più presto la correttezza delle posizioni. Ma sembrava addirittura ci fosse di più e peggio: secondo i rumors, smentiti ieri da un comunicato della Procura di Siena, qualcuno a Montalcino avrebbe usato vini del Sud per “tagliare” il Brunello vendemmia 2003, un annata con un rating a 5 stelle (dopo la deludente stagione 2002) che risultava già venduta sulla carta al 50% prima ancora di uscire sul mercato. Naturalmente il taglio con vini meridionali sarebbe servito a “gonfiare” qantitativamente una produzione molto richiesta.
Immediata la replica alle voci da parte del Consorzio di tutela. “Per quanto attiene alla purezza dei vigneti di Brunello - chiarisce un comunicato - nel 2007, il Consorzio ha completato l’ispezione su oltre 1.667 ettari di vigneto iscritto. In queste ispezioni, iniziate nel 2004, sono state rilevate alcune non conformità che hanno interessato solamente 17
ettari, pari ad una percentuale dell’l% dei vigneti controllati. Si può, dunque, affermare che, a fine 2007, più del 99% dei vigneti iscritti all’Albo del Brunello di Montalcino, sono assolutamente rispondenti al disciplinare di produzione”. In altre parole un’ammissione della smagliatura nel tessuto produttivo.
Per l’ipotesi dell’aggiunta di vini meridionali, invece, il commento è di incredulità: “Si tratta di un’accusa gravissima a cui stentiamo a credere
- sottolinea la nota - e di cui peraltro il Consorzio non ha nessun riscontro di alcun genere”.
Smentita suffragata dagli esiti delle indagini della Procura senese.
Sulla vicenda c’è il parere di James Suckling, guru di Wine Spectator: “E’ confermato - scrive Suckling sul suo blog - che c’è in corso un’indagine per controllare che tutti i vigneti iscritti nella denominazione Brunello di Montalcino Docg siano conformi alle regolamentazioni della designazione del vino italiano di più elevata qualità: il Brunello deve essere Sangiovese in purezza. Tuttavia non credo salterà fuori un grosso affare. E possibile che un produttore possa aver intenzionalmente piantato altri tipi di uva per migliorare il colore, la struttura e l’aromaticità del Brunello. Ma le mie fonti sostengono che si tratta con tutta probabilità di un onesto errore secondo cui è stata usata una partita sbagliata di barbatelle di vite, mentre venivano inizialmente piantate le vigne”. Parere importante quello dell’editorialista di Wine Spectator, perché il Brunello, che vale 200 milioni di euro all’anno, vede un quarto delle sue vendite negli Stati Uniti.
Nella bufera che aleggia sui vigneti di Montalcino il presidente del Consorzio di tutela del Brunello, Francesco Marone Cinzano, è sereno: “La magistratura deve fare il suo lavoro - dice - se c’è qualche mela bacata va tolta dal cesto, ma non credo assolutamente che questa vicenda possa nuocere alla grande immagine del Brunello. La
settimana prossima saremo al Vinitaly con la “squadra” di 120 produttori. Invitiamo tutti a venire ad assaggiare quel che produciamo, la risposta migliore a questa specie di “giallo” è nella bottiglia”.
D’altronde ai gialli il Brunello è abituato. In un racconto di Agatha Christie il colpevole dichiara “Al momento del delitto stavo degustando con gli amici una bottiglia di Brunello di Montalcino del millenovecento...”. Ma l’alibi cadde perché quell’annata di Brunello, come tutte quelle non ritenute all’altezza, non era stata prodotta.

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