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La Stampa

Il sapore
alpino
del maiale ... Alle porte d’Italia sulla via Francigena
il prosciutto crudo più “alto” d’Europa... Per i pellegrini che
sulla via Francigena
scendevano verso
Roma da Canterbury
e dalla
Francia, erano il primo incontro
con l’Italia dei sapori. Appena
superato l’ospizio del
Gran San Bernardo, nelle baite
di Saint-Rhémy-en-Bosses
a 1600 metri d’altitudine trovavano
il tradizionale “jambon
” messo a stagionare nei
“rascards” le case degli alpeggi.
E’ il prosciutto crudo
italiano meno noto, ma il più
“alto” di tutti e dal nobile lignaggio:
un documento locale
del 1397 lo definisce “tybias
porci”. Dopo altri tre
giorni di cammino il pellegrino
poteva trovare, ad Arnad,
un lardo dal colore rosato e
dal profumo di spezie e aglio.
Anche di questa specialità si
conservano tracce di metà
Cinquecento, negli archivi
del monastero di Sant’Orso.
Le migliaia di persone che
ieri hanno affollato gli stand
dell’“Exposition du Jambon
de Bosses”, al Gran San Bernardo,
e che dal 28 al 31 agosto
prossimi si accalcheranno
alla “Féhta dou lar”, ad
Arnad, poco sanno di questa
storia, ma continuano a esserne
attratti come otto o nove
secoli fa. Se Goethe sosteneva
che erano i pellegrinaggi
della Via Francigena ad
aver formato l’Europa moderna,
il viaggiatore “fuggi e
mordi” di oggi sa ancora apprezzare
questi due salumi
d’eccellenza.
In tempi di diete iper-salutiste
può stupire la fortuna
che sta conoscendo il lardo -
lo strato di grasso che si ricava
sezionando collo, dorso e
fianchi del maiale, sotto la cute
-, ma questo “miracolo”
(come scrive Davide Paolini
nel suo “Viaggio nei giacimenti
golosi”) è dovuto soprattutto
a due città che sono “nomen
omen” di untuosa delizia:
Colonnata, in provincia di
Massa Carrara, primo simbolo
della sinistra in cachemire
e chiocciolina di Slow Food, e
Arnad, ruspante leccornia da
consumare con pane integrale,
miele e “Arnad Montjovet
”, rosso locale Doc.
Il prosciutto di Bosses (se
ne producono appena 5000
pezzi l’anno) è un autentico
oggetto del desiderio per
gourmet raffinati. A differenza
delle olive taggiasche della
Liguria, in Valle d’Aosta gli
amministratori sanno sfruttare
i loro tesori culinari. Al
Gran San Bernardo Edi
Avoyer è sindaco di 300 anime
e ha da poco fondato, con un
gruppo di giovani di Saint-
Rhémy-en-Bosses, la cooperativa
“Tybias Baucii” (Baucius
era il signore romano del luogo),
che presto incomincerà la
stagionatura dei prosciutti.
“E’ il nostro microclima che dà
loro un gusto particolare”,
spiega Avoyer. In una vecchia
caserma della Finanza, Bruno
Fegatelli ha aperto il prosciuttificio
DeBosses e permette di
visitare le rastrelliere di stagionatura
a 13°C: le piccole cosce
da 8-9 kg (affettato si paga sui
37-40 euro), sono appese sopra
uno strato di fieno.
Un po’ meno poetica, ma
molto ben sfruttata, è oggi la
produzione del lardo di Arnad,
protetto anch’esso dalla Dop:
dal 1957 la famiglia Bertolin vi
si dedica con competenza e da
8 anni ha aperto uno stabilimento
che dà lavoro a 30 persone
e ha uno spaccio molto frequentato
Il sindaco Pier Bonel,
e ancor di più l’assessore all’agricoltura
Ivo Joly, si impegnano
alla valorizzazione del loro
prodotto-bandiera. Il Comune
ha 1300 abitanti, ma lo conoscono
in tutto il mondo. “L’altra
settimana il presidente russo
Medvedev, nel ristorante
Syr di Mosca, dove lavora lo
chef valdostano Mirko Zago,
ha molto apprezzato il lardo di
Arnad”, dice il più giovane dei
Bertolin, Guido: dopo la scomparsa
prematura di papà Rinaldo
è alla testa dell’azienda familiare,
con la mamma Marilena.
Costa 12 euro circa al kg e se ne
producono circa 3 mila quintali
l’anno: matura in vasche di legno,
con salamoia, anziché nel
marmo e a secco (metodo di Colonnata).
Spiega l’assessore
Joly: “Quando sull’autostrada
ci sono le code, la domenica, sono
in tanti a uscire al casello di
Verres per una sosta con merenda
sinoira. Non ci basta: vogliamo
fare un salto di qualità e
migliorare la rassegna di fine
agosto, che è la più conosciuta
della Valle”.
L’importante è che i russi e
i giapponesi non facciano montare
la testa ai valligiani, portandoli
ad abbassare la qualità
e a vendere un lardo troppo
fresco: quando la signora Bertolin
fa assaggiare una sua “riserva” di sei mesi di stagionatura,
anziché i 90 giorni del disciplinare
Dop, se ne intuisce
le potenzialità. I pellegrini del
gusto resistono, nonostante la
crisi: i consumatori sono sempre
più strani, sostiene Alessandro
Regoli del sito Internet
Winenews: “Comprano il supervino
di Montefalco e poi risparmiano
al supermercato
per la pasta: grilli e formiche si
trovano in tutti i ceti, per gli acquisti
eno-gastronomici. Resistono
i prodotti più tutelati”.
Occhio dunque al bollino Dop
giallo e blu per non cadere nelle
imitazioni, sempre più frequenti.

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