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La Stampa

Gancia: “Un anno per cambiare le Doc ... Il presidente di Federvini
i Lamberto Vallarino Gancia è il terzo della famiglia
a sedere sulla poltrona di presidente della Federvini: prima l’avevano occupata il nonno, Lamberto anche lui, e il padre, Vittorio. Lamberto Gancia alla presidenza dell’organizzazione degli imprenditori vinicoli unisce quelle del Comité Européen Entreprises Vin e della storica azienda di Canelli. “Il primo agosto - dice - entra in applicazione la riforma dell’Organizzazione comune di mercato per il vino, un appuntamento importantissimo, perchè dal primo gennaio 2009 l’Ocm di settore dovrebbe confluire nella Organizzazione di mercato unica. Dal primo agosto dell’anno prossimo, poi, dovrebbero andare in app1icazione le nuove regole per le pratiche enologiche e le denominazioni d’origine, comprese le regole di etichettatura per i vini varietali”.

Quale sarà la vostra linea, soprattutto in vista di quest’ultimo aspetto?

“Ne stiamo ancora parlando. Bisogna rivedere le regole delle indicazioni geografiche, siamo nella fase in cui tutti devono mettersi intorno a un tavolo per tracciare strada che modifichi la situazione italiana senza perdere competitività con gli altri Stati europei e col resto del mondo”.

Ma, in pratica, cosa cambia?

“Doc e Docg rimangono, così come le Igt, ma le piccole denominazioni, quelle poco conosciute, rischiano di avere meno mercato. Potrebbero sparire i vini da tavola, perchè non hanno riferimenti al territorio, mentre, se si può indicare il vitigno la gente compra meglio”.

Sarà un’occasione per rivedere i disciplinari, soprattutto dopo il caso del Brunello?

“Si parla di rivederne qualcuno, ma non solo perchè ci sono stati dei problemi. Si potrebbe valutare un minimo di tolleranza dove è previsto il 100% di un vitigno, considerando le minime variazioni relative alle stesse barbatelle. Un panorama in cui, naturalmente i controlli sono fondamentali. Bisogna però che questo avvenga con la condivisione di tutta la filiera: i produttori in linea di massima sono d’accordo, ma non vogliono farlo ora, perchè, dopo il caso del Brunello sarebbe un cambiamento esercitato sotto la pressione psicologia e mediatica di quel che è avvenuto”.

Ai problemi della concorrenza si aggiunge un periodo di crisi.

“La crisi c’è, soprattutto negli Usa per il cambio euro-dollaro, ma altri mercati, come Cina, India e Russia, rappresentano una grande opportunità. Quel che va capito, però, è che non c’è un mercato di un singolo vino. Ogni mercato ha le sue predilezioni: dolce, secco, autoctono, straniero e qui entra fortemente in gioco il marchio dell’azienda che produce. Senza dimenticare il valore del territorio, ma dove è conosciuto, altrimenti va spiegato. E questa è una delle sfide della Ocm”.

Ma c’è anche un cambiamento di tendenze?

“Il vino è un prodotto a ciclo lungo, non si può dire: ora vanno i rossi, o i bianchi e accontentarsi di questa constatazione. Bisogna lavorare sul vigneto. Quando si parla di tendenze c’è un tentativo di strumentalizzazione. Sì, oggi da noi c’è una tendenza a vini più freschi, ma negli altri mercati non è Così: i grandi chateau francesi si vendono in dieci minuti. E anche Australia, Nuova Zelanda, California puntano su vini di corpo in barrique. Quindi nella piramide di proposte al consumatore meglio valutare tutto”.

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