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La Stampa

Il vigneto non è l’ombelico
del mondo ... L’ideologia applicata al vino non ha mai portato da nessuna parte. Sul finire degli anni Ottanta ci si è accapigliati tra i fan dei modernisti e i supporter dei tradizionalisti. E così si sono spesi fiumi di inchiostro senza porre, invece, l’accento sui problemi reali del vino italiano. A distanza di anni, il settore enologico sembra ripetere gli stessi errori sprecando risorse preziose in un dibattito infinito tra i biodinamici e coloro che sono legati a una viticoltura convenzionale. Ci si dimentica così di porre domande fondamentali, una su tutte: perché la vigna in Italia non invecchia? Ci riempiamo tanto la bocca con il concetto di terroir, ma l’identità del vino non sarà anche data dalla maturità della pianta? In Italia ci troviamo dl fronte a una sorta di omologazione in campo viticolo: per favorire la meccanizzazione e una gestione semplificata del verde, oggigiorno siamo passati da qualche che decina di forme differenti di allevamento della pianta al modello unico della spalliera. Se l’obiettivo è quello di allungare la vita dei nostri vigneti - la cui età media in Italia è di vent’anni e mezzo - bisogna creare un’armonia nell’ecosistema. Il fattore che ha portato grandi sconvolgimenti in campo agronomico è stato quello di considerare il vigneto come l’ombelico del mondo, concentrando la nostra attenzione sulla pianta. La vigna fa parte dell’ambiente, che non deve essere modificato badando esclusivamente a dettami produttivistici, perché a quel punto si rischia che la natura ci si rivolti contro e che insorga un gran numero di malattie difficilmente contrastabili. Per questo motivo il mantenimento dei boschi e di zone umide dove insetti, rettili e piccoli anfibi possano vivere e riprodursi diventa un fattore imprescindibile per potersi difendere dagli agenti patogeni, senza dover ricorrere a massicce quantità di veleni chimici. A Torino durante i giorni di Terra Madre e del Salone del Gusto sarà organizzata una tavola rotonda (domenica 26ottobre, ore 12) che avrà l’ambizioso compito di tracciare una nuova via grazie all’intervento di esperti e agronomi, che dibatteranno di questi argomenti senza trincerarsi dietro posizioni precostituite e con la speranza di dare un apporto decisivo al futuro della viticoltura italiana.

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