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La Stampa

Una legione straniera di barberisti per amore sulle colline astigiane ... Da tutto il mondo vengono a produrre la grande B rossa... La rivoluzione del clima e l’attrazione per i popoli nordici del nostro clima e dei nostri paesaggi danno vita a due fenomeni che hanno molto di simile, seppur slegati tra loro. Il primo è la certezza degli esperti che la viticoltura si settentrionalizzerà sempre più, salvo una improbabile regolarizzazione del clima, il secondo è quello dell’attrazione del vigneto mediterraneo, come rileva Mario Sacco, presidente della Camera di Commercio di Asti, da parte di abitanti dei Paesi del nord Europa o di altri continenti che vengono in Italia per dedicarsi alla vite.
Questo accade nelle terre della Barbera astigiana, un vino che ha trovato profeti anche fuori della sua patria. Uomini e donne con passaporto tedesco, svizzero, austriaco, americano che travolti dalla passione per questo grande vino, hanno varcato la nostra frontiera, lasciando nel proprio paese d’origine una professione avviata, per cercare un pezzo di terra in cui trasferirsi e iniziare una nuova vita nel segno della “grande B rossa”, al cui medagliere si è aggiunta la Docg (denominazione di origine controllata e garantita), richiesta e promossa proprio dalla Camera di Commercio di Asti.
Tra nordici appassionati della Barbera, che sono tra i protagonisti della “Douja d’or” in pieno svolgimento ad Asti, c’è Florian Oelssner, medico tedesco di 47 anni che per vent’anni ha esercitato brillantemente la professione a Stoccarda. Nel 1992 un buon bicchiere di vino lo porta a quelle colline del Piemonte che gli restano nel cuore. Butta il camice bianco e si trasferisce in una cascina sulle colline di Incisa. Cambia, ristruttura, disbosca, rimoderna. Oggi ha una tenuta di 5 ettari quasi tutti a Barbera, “il vino che gli ha cambiato la vita”, come è solito dire. Produce oltre 12 mila bottiglie l’anno per la maggior parte destinate all’estero, soprattutto Germania, dove però “non ritornerebbe più”.
Un altro caso è quello di Peter Kaplanski, un sessantenne consulente tributario, che ha lavorato in tutto il mondo con le grandi multinazionali. A un certo punto, anche lui decide di cambiare. Così nel 2000 diventa sua Cascina Cristina, su un bricco vicino a Nizza Monferrato: sei ettari, quasi tutti a Barbera, e il vino finisce sulle tavole inglesi e tedesche.
Il Barbera si cobra anche di rosa, con Nadja Weilenmann, bancaria di 38 anni che lascia un sicuro lavoro in Liechtenstein per trasferirsi sulle colline di Fontanile, sullo spartiacque tra il Nicese e l’Acquese. Vide quella cascina molto tempo prima e se ne innamorò. Produce quasi 20 mila bottiglie l’anno di Barbera, che esporta per la maggior parte.
Cè anche chi arriva da più lontano, come il dentista danese Soren Gruppen Hansen e lo statunitense Jonny Fassio. Il primo si è trasferito a Bricco San Giovanni (Isola d’Asti) lo scorso settembre e quindi quella in corso è la sua prima vendemmia (sempre Barbera). Fassio, invece, voleva tornare nella cascina di Repergo (Isola d’Asti) dove vissero i suoi avi. Da commercialista a vignaiolo. Oggi è lui a rifornire di Barbera alcuni ristoranti americani, con le sue 18 mila bottiglie all’anno: la richiesta è forte, entro breve triplicherà la produzione.

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