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La Stampa

Schiacciato dal peso del mio peso ... Domenica con Alain Elkann. Edoardo Raspelli Critico enogastronomico e conduttore tv... Edoardo Raspelli, come festeggerà Capodanno?

“Lo festeggerò mangiando, perché siamo abituati così. Farò una piccola baldoria a tavola con una quindicina di amici della zona”.
Che cosa è per lei il cibo?

“E’ l’appagamento della gola. La vigilia di Natale si è mangiato il capitone e poi cose più tradizionali. Però non ho potuto naturalmente perdermi la cassata di Palermo. Mi rendo conto che si mangia troppo, si beve troppo... Il Capodanno lo trascorro sempre a Bresso: in quindici assaggeremo qualcosa di tradizionale e ognuno porta qualcosa di suo”.

Lei che cosa porta?
“Io porto cappone arrosto, gallina bollita e poi i ravioli ripieni di carne e il salmone affumicato selvaggio”.

E le lenticchie?
“Le lenticchie ci sono sempre perché portano fortuna”.

E il cotechino e il vino?
“Il cotechino, lo zampone con lenticchie naturalmente è uno dei piatti tradizionali. Per quanto riguarda il vino io sono contro i discorsi dei primati nazionali popolari perché lo champagne è a mille chilometri a nord dall’Italia e quindi è tutto diverso. Quindi brindo sia con champagne francese sia con spumante italiano. Del resto mangio il salmone accanto all’anguilla”.
Non si era messo a dieta?
“Sì, ho cominciato vent’anni fa. Ero arrivato a 119 chili e mezzo, poi ho avuto un infarto, ho perso 20 chili e sono arrivato a 99 e mezzo. Però in cinque o sei anni ho recuperato e purtroppo la gola è più forte. E poi è inevitabile: se uno ha un pezzo di reggiano di montagna e dei grissini e poi un po’ di vino bianco. Però devo dire che il mio peso mi pesa. La mia figura di ciccione in televisione mi pesa. Io vorrei potermi allacciare le scarpe con le stringhe: mi creda è difficile vivere quando si pesa molto. La gola si sconta vivendo”.

In quanti ristoranti mangia?

“Diciamo che mi faccio 150 ristoranti l’anno. Naturalmente avrei molte più occasioni, potrei arrivare a 600 pasti fuori casa ma quando vado in un ristorante mangio 3 o 4 antipasti, 2 primi, 2 secondi e un dolce. E con i vini bevo prima un po’ di bianco poi un po’ di rosso, ma al massimo due bicchieri”.
Il suo è un lavoro?
“E’ una dannazione. C’è non solo il mangiare. Io devo anche scrivere e davanti alla pagina bianca penso che cosa dovrò scrivere”.

E come scrive?
“Scrivo di getto. Prima penso a come devo cominciare a scrivere. Parlo poco dei piatti, mi interessa di più l’ambiente esterno, il luogo. Mi piace descrivere l’ambiente, se la cucina è fatta solo con la testa o anche con il cuore. Purtroppo in molti ristoranti è fatta solo con la testa”.

Per esempio?
“Per esempio l’altro giorno sulla Stampa ho commentato il ristorante “Carlo Gracco” e ho raccontato che con l’acqua Panna i tagliolini fatti solo con rossi d’uovo disidratati sono una “boiata pazzesca”, ma l’ho detto in modo ironico. Però è un fatto eccezionale che io racconti un piatto nei miei articoli”.
Ci sarà la crisi per i grandi ristoranti?
“C’è già. In Lombardia, per esempio, La Lucanda di Osio di Sotto in provincia di Bergamo, ha chiuso. Luca Brasi, il cuoco, si è trasferito alla dipendenze di un hotel che si chiama Bevero. A Barolo, per esempio, c’era un delizioso ristorante: ha chiuso e il padrone è andato a gestire un ristorante nel complesso di una grande cantina. Walter Eynard chiude Flipot a Torre Pellice e lo trasforma in un posticino più veloce su prenotazione. Per non parlare di grandi ristoranti e cuochi tra palermitani e tortonesi che sono emigrati e lavorano in grandi alberghi a Singapore o a Mosca”.

Quali sono i ristoranti che sopravvivono?
“Chi vive meglio sono i ristoranti-pizzeria a pochi euro. Certo qui la spigola è d’allevamento e non ha nulla a che vedere con la spigola pescata”.

Se lei fosse su un’isola deserta che piatto si cucinerebbe?
“Mi piacerebbe avere i gamberi rossi di Sicilia crudi, oppure la cassoeula che è un umido di carne di maiali arrostite, un grande piatto lombardo”.

Niente pasta?
“Certamente: se ci fosse la pasta, io adoro quella con le verdure, con i carciofi, ma anche alla meridionale con i pinoli, le sarde, l’uva passa e il finocchietto, oppure con il cavolfiore e l’olio extravergine”.

Lei è diventato una star anche in tv. A che cosa deve il successo?
“Con Gabriella Carlucci conduco “Melaverde”, il programma più visto la domenica su Retequattro, con nemeri molto più alti di Elisir, Blob, Tg4, di Porta a Porta. Abbiamo un budget risicato e siamo la mascotte delle televisioni di Mediaset ma abbiamo una media del 14% a volte con punte del 17. Facciamo con mezzi limitati un programma di grande successo. E raccontiamo soprattutto l’Italia che esiste ancora, lavora con notevoli risultati e continua a lavorare i campi Si parla anche di gastronomia, ma sono storie di eroismo contadino in giro per l’Italia, particolarmente in Piemonte e in Lombardia”.

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