02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

La Stampa

Gaja: “La pensione può attendere”… La crisi, i figli, la legislazione, i prezzi, il tempo, la vita privata. Il portabandiera del Rinascimento vinicolo italiano parla a ruota libera di enologia e dintorni. Anche se quest’anno al Vinitaly non presenterà vini ma bicchieri di cristallo…

Con quale spirito Angelo Gaja andrà al Vinitaly quest’anno?

“Come cantina Gaja non avremo stand al Vinitaly, però lo avrà Gaja Distribuzione, che importa in Italia i bicchieri di cristallo dell’austriaca Riedel. Quindi niente vini in mescita, ma bei bicchieri vuoti. Non è un modo sostenere la moderazione. Siamo comunque al Vinitaly, che è un appuntamento da non perdere”.

La degustazione benefica del 4 aprile per i 150 anni della sua azienda con grandi annate storiche tipo un Barbaresco 1964 è tra gli eventi più attesi a Verona. Guarda al passato?
“Sarà il primo di dieci eventi che organizzeremo in altrettanti Paesi. Ci sarà tutta la mia famiglia intervistata dalla giornalista inglese Jancis Robinson. Un’occasione per raccontare gli ultimi quarant’anni che hanno segnato la straordinaria rivoluzione del vino e per guardare al presente e al futuro. È un onore per me farlo al Vinitaly e contribuire a raccogliere fondi per il nuovo ospedale di Alba e Bra”.

Tutti parlano di crisi. Lei ha ribadito più volte che da imprenditore del vino non si può che essere ottimisti. È ancora di questo parere?

“Il mondo non andrà a rotoli, non è immaginabile che tutta la gente smetta di bere. Il mercato presenta sempre opportunità, anche nei momenti di crisi”.

Da produttore ha imparato da tempo a comunicare con le sue newsletter ad amici e opinion leader. Trova che il mondo del vino debba imparare a parlare di più? “Esprimere le proprie opinioni significa esporsi e magari fare nascere polemiche e pettegolezzi. I blog hanno portato una ventata di libertà. Resta il fatto che la statura di un produttore, più della capacità di comunicare, deriva dalla qualità del vino che produce e dalla capacità di ripeterla nel tempo”.

Lei ha tre figli. Che futuro vede per i discendenti dei vignaioli?

“A mia figlia Gaia si è aggiunta quest’anno in azienda anche Rossana; vuoi dire che dovrò imparare a fare passi indietro, lasciare loro maggiore spazio nonostante io non mi senta ancora pronto per il pensionamento. Esercitare pressioni sui figli affinché continuino l’attività di famiglia può essere un errore”.

La vicenda di Montalcino, un anno fa. La lezione da imparare.

“È apparsa evidente l’inopportunità di affidare ai Consorzi dei produttori la duplice funzione di controllo e di controllati. È emersa la fragilità del concetto di tipicità, largamente invocato dalla legislazione vinicola italiana, ma che non può essere imposta per legge. Il caso Brunello, che resta uno dei grandi vini italiani, mostra che la sua percezione è sfuggita anche agli esperti. In Borgogna l’espressione più elevata della tipicità è affidata ai Grand Cru, che sono meno del 2,5% della produzione”.

Prezzi. C’è una certa corsa agli sconti. Che fa Gaja?

“Non avevamo mai operato in passato una politica di vendita aggressiva del tipo: compera tre e paghi due. Non avvertiamo neppure ora la necessità di cambiare”.

Rapporti con le istituzioni. Poche cose semplici che si dovrebbero fare subito.

“Controlli più efficaci della spesa di denaro pubblico destinato alla promozione del vino e del territorio. No alla cattiva abitudine, in occasione di fiere ed eventi, di proporre l’assaggio di vino a chiunque, per le strade e nelle piazze. Rafforzare la presenza nei Paesi emergenti come Brasile, Russia, India e Cina, delle scuole già esistenti di formazione di cuochi di cucina italiana e aprirne di nuove: sono i nostri migliori ambasciatori”.

Export: la sua teoria è di “sapatè” tutte le piante: essere presente anche su mercati piccoli funziona?

“Sì, in questo momento di crisi chi era stato capace di coltivare anche i piccoli mercati diluisce il rischio di contrazione”.


Continua a essere un accanito lettore di quotidiani e a guardare poca tv?

“Di quotidiani ne leggo diversi. Non ho familiarità con Internet e continuo ad avvertire il bisogno della carta, di sentirla scorrere tra le dita, di fare sottolineature e prendere appunti e portarmi dietro quotidiani e riviste per leggerli. Da viaggiatore in Italia ho imparato anche ad apprezzare molto la radio”.

Che cos ’è per lei il tempo?

Guardo al tempo che fa: se piove troppo o troppo poco, se fa freddo o caldo. Mi prende l’ansia d’estate quando i temporali minacciosi di grandine si avvicinano ai vigneti. L’uva è un prodotto della natura ed è ben diverso che produrre vetro, plastica, acciaio. Al tempo che passa invece non ci penso”.

E la velocità?

“La velocità è un lusso che ci si dovrebbe concedere soltanto dopo avere appreso e praticato sapientemente la lentezza. Può diventare anche un vizio, una manìa, un forma mentis. Io sono contagiato dalla fretta, ma l’attività agricola mi ha insegnato a sapere aspettare. Il miglioramento della qualità di un vino è un processo lento. Continuo invece ad annoiarmi nello stare a lungo a tavola e mi fa fatica, purtroppo, l’andare adagio in auto: la proliferazione dei divieti mi toglie il piacere di guidare, però mi adeguo e dopo avere tanto goduto, non posso lamentarmi”.

Le viene mai la voglia di fermarsi?

“Mi manca il desiderio di andare in pensione e neppure mi sto mentalmente preparando: in questo non ho fretta”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su