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La Stampa

Gaja: la mia nazionale. Il produttore sceglie la squadra di colleghi “su cui l’Italia può puntare” Degustazione a Vinitaly ... Cinque storici “figli” in bottiglia allineati nei bicchieri, i tre che portano il suo cognome, schierati accanto a lui con la moglie Lucia. Alle loro spalle la foto della Gaja family acquarellata di giallo. Angelo Gaja si è presentato così alla degustazione evento di ieri mattina, ideata per festeggiare i 150 anni dell’azienda di Barbaresco. Un format che porterà in giro per il mondo e che ha avuto a Verona il suo coinvolgente esordio. Tutti esauriti da tempo i duecento posti (da 150 euro l’uno). I richiami non mancano: cinque vini simbolo della storica produzione Gaja in degustazione e l’intera famiglia in campo, padre, madre e i germogli della quinta generazione, Gaia, Rossana e Giovanni. Le prime due già inserite in azienda.

“Noi ci occupiamo di vino dal 1859 è una storia lunga, dal padre di mio nonno a mio padre. Io sono in azienda dal 1961 quando decidemmo di non acquistare più uve dagli altri e vinificare solo le nostre”. Angelo è in forma e dimostra di non aver fretta nel lasciare il testimone aziendale. Lascia poco spazio anche alla giornalista della tv inglese Jancis Robinson che deve condurre la degustazione e nel suo prorompente “angelese” (l’inglese parlato dalle parti di Barbaresco) racconta e si racconta.
Ne esce un ritratto intenso, vivo, sfaccettato che spiega, ai pochi che non lo dovessero conoscere, perché si è conquistato sul campo, o meglio in vigna, il titolo di “re del Barbaresco”.

Parla della “devozione per l’uva nebbiolo”, della voglia di capire e non accontentarsi, di come è cambiato il mercato del vino nel mondo, del ruolo dell’Italia. Spazia da Alba a Miami. “Noi siamo artigiani del vino, abbiamo fatto scelte precise e le rispettiamo. Un tempo gli italiani erano considerati produttori di vini facili, allegri e di poco prezzo. Nel Dopoguerra mio padre Giovanni vendeva in Piemonte, nelle regioni vicine e un po’ a Roma. Fummo tra i primi ad andare in Germania e poi in America”.

L’azienda Gaja tra Piemonte e Toscana, ha 96 ettari e produce 350.000 bottiglie l’anno, per il 75% esportate. Parla dei vini con l’affetto che si ha per le proprie creature riconoscendo i grandi meriti del suo enologo di una vita Guido Rivella. La degustazione è un crescendo: prima il Gaia&Rey del 1994, l’unico bianco da uve chardonnay, poi il Darmagi 1997, il nome preso dall’esclamazione famosa del padre Giovanni quando vide il figlio mettere a dimora cabernet dove prima c’era il nebbiolo; il Conteisa 1996 dimostra le potenzialità delle vigne di La Morra, e lo Sperss ’89 testimonia dell’incursione nel Barolo. Infine il Sorì San Lorenzo 1988 la vigna del cuore e uno straordinario Barbaresco 1964 (con l’etichetta originale) che ancora incanta, come un grande vecchio raccontatore di storie.

Parlano le figlie: Gaia, attenta e professionale, Rossana la ribelle “prima di entrare in azienda sono andata a prendere una laurea in psicologia”. Giovanni il rampollo, 16 anni, studia e sa di non potersi permettere sbavature. Mamma Lucia vigila, si prende l’applauso più caloroso, un riconoscimento alla carriera di madre spalla ideale del “vulcano”.

In chiusura il colpo di teatro. Gaja ringrazia e ricorda che bisogna avere fiducia nell’Italia dei vino e dei vignaioli, fatta di passioni e gente vera: sullo schermo appaiono i volti della sua nazionale enologica: figli degli amici come Silvia Altare e Raffaella Bologna e grandi alleati piemontesi e non. Per Domenico Clerico, presente in sala, un’ovazione. Scorrono i ritratti di Pio Boffa, Aldo Vacca, Giorgio Rivetti, Anna Abbona, Nicolo Incisa della Rocchetta e altri grandi.

“Straordinario esempio di intelligenza e marketing collettivo - commenta Alessandro Regoli, toscano, direttore del sito Wine News - solo Gaja può permettersi di concludere una sua degustazione facendo applaudire anche i suoi concorrenti. Non ci erano arrivati neppure i francesi”. Chapeau.


Beneficenza - Raccolti 25.00 euro per l’Ospedale di Alba

L’evento della degustazione “verticale” di cinque annate storiche di Gaja aveva anche uno scopo benefico. Sono state incassati 25.200 euro. L’assegno è stato consegnato pubblicamente ieri mattina all’inizio della degustazione ad Emilio Barbero che rappresentava la Fondazione per la costruzione del nuovo ospedale Alba-Bra.
L’incontro sarà ripetuto in America, Giappone e sui principali mercati europei. A Barbaresco la foresteria Gaja, in occasione del 150° sarà aperta fino a maggio ed ospita una mostra di arte contemporanea curata dall’artista astigiano Flavio Piras.

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