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La Stampa

Il vento della crisi soffia anche sull’uva ... Il vino non può che seguire la sorte dell’economia e per quello italiano, dopo il mercato nazionale, anche i corrispettivi esteri sono motivo di preoccupazione. Il 2008 è stato un anno difficile sul fronte delle vendite internazionali, e i volumi di export sono scesi a 17,8 milioni di ettolitri, con una variazione negativa del 7%. In lieve crescita invece l’ammontare, salito del 2% a 3,6 miliardi di euro. Si salvano gli spumanti, che archiviano l’ennesimo anno di grazia con aumenti in volume del 15%, a 1,4 milioni di ettolitri, e con valori su dell’11%, a poco meno di mezzo miliardo di euro. Le cifre vengono dal rapporto dell’Unione italiana vini, in cui si segnala anche come vada male il segmento del vino sfuso, precipitato del 16% in termini di volumi, mentre l’imbottigliato ha contenuto il calo a -4% per un fatturato stabile a 2,8 miliardi. E in questo segmento perdono terreno sia le bottiglie da tavola (bianchi -4% e rossi -10%) sia quelle Doc-Docg (bianchi -4%, rossi -8%). I venti di crisi hanno dunque raggiunto anche la viticoltura ed è soprattutto l’Unione europea il mercato dove i nostri produttori soffrono di più: in un anno il saldo è negativo per il 10% dei volumi, mentre i Paesi terzi tengono, con un +2%. In Europa flette la Germania, primo acquirente di vini italiani, che con i 5,6 milioni di ettolitri importati nei 12 mesi segna un calo del 10%, poi la Francia (-27%), l’Austria (-25%) e la Danimarca (-6%). Stabile, sempre in termini di volumi, il Regno Unito (-1%), seconda destinazione per le nostre uve, mentre soffrono gli Stati Uniti, terzo mercato a volume (-2%) e primo come valore con quasi 800 milioni di euro di fatturato (-4%).

Se i principali sbocchi commerciali sono ancora Usa e Nord Europa, dove per il 2009 si prevedono le maggiori contrazioni di domanda, il vino italiano di qualità si afferma su mercati inediti e dal grande potenziale, primi fra tutti Brasile e Messico: qui le importazioni dalla nostra penisola sono cresciute negli ultimi anni a una media del 20%. Altre piazze di sicuro interesse sono Seul, Singapore,
Taipei, che rappresentano dei veri e propri hub nella distribuzione asiatica. Tengono infine le esportazioni verso Paesi Bassi, Scandinavia, Russia e Canada, che negli ultimi anni hanno mostrato un moderato ma costante trend positivo. Il vino italiano, commenta il presidente dell’Unione italiana vini Andrea Sartori, “ha tenuto le posizioni guadagnate in passato. E se guardiamo il contesto internazionale e quello che è accaduto ai francesi, specialmente negli Usa e in particolare con lo Champagne - oppure agli australiani, che per la prima volta in 15 anni hanno dovuto mettere il segno meno sui loro bilanci - non possiamo assolutamente lamentarci. Inoltre - conclude Sartori -, i fondi comunitari messi a disposizione dalla nuova Ocm per la promozione del nostro prodotto sono un’occasione unica, che non va sprecata in mille iniziative particolari e a volte concorrenziali tra loro”. E il direttore di Assoenologi, Giuseppe Martelli conferma: “Sul versante dei volumi risulta evidente una contrazione dei flussi, che evidenzia la progressiva specializzazione dell’offerta italiana nei segmenti più remunerativi del mercato. 1 dati mostrano una sostanziale tenuta dell’offerta italiana sui principali palcoscenici esteri con segnali incoraggianti nelle aree emergenti che stanno guadagnando un ruolo più significativo. Perdura però la flessione dei rossi, che mostrano un crescente rallentamento della domanda. In conclusione l’export continua a offrire spazi di crescita”.

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