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La Stampa

Dagli Usa il requiem del vino palestrato ... Al di là dell’atlantico qualcosa si muove. Questa la speranza di molti produttori vitivinicoli dopo le stime riviste al rialzo del pil statunitense, che nel 2010 dovrebbe assestarsi su un ben augurante +2,7%. Prima della grande crisi del 2008 gli Usa costituivano il primo mercato per i vini italiani, che avevano superato quelli francesi sia per numero di bottiglie sia per fatturato globale. Inutile negare che questi ultimi due anni si siano trasformati in una sorta di calvario per quasi tutti i produttori italiani, strozzati da un cambio sfavorevole e da una drammatica contrazione dei consumi. Ora si comincia a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel.
I numeri come sempre vanno interpretati, studiando anche gli altri segnali che ci giungono, che a dir la verità paiono in contraddizione. Partiamo dalla prima notizia: secondo la rivista internazionale Decanter, i vini californiani stanno vivendo una drammatica crisi sul mercato interno. Pochissimi consumatori sono ormai disposti a pagare una bottiglia di Cabernet Sauvignon la bellezza di 30 dollari. Il modello di vini superpalestrati e costruiti dal punto di vista enologico, con ampio ricorso all’uso di barrique tostate sembra aver segnato il passo. Parrebbe quindi aumentare lo spazio per i nostri prodotti nazionali dalla chiara impronta territoriale.
Invece, ci fa notare Edoardo Narduzzi, presidente di Synchronya, l’effetto terroir sembra aver perso importanza per il consumatore, che ora acquista in base al brand e al rapporto tra la qualità e il prezzo. Insomma, tanta confusione sotto i nostri cieli viticoli. Tra due mesi ci sarà il Vinitaly e probabilmente si riuscirà a capire quale sarà il nuovo indirizzo del mercato internazionale. La speranza è che i consumatori premino finalmente quei produttori che si impegnano forte mente in vigna, altrimenti il fragile sistema economico viticolo, già fiaccato dalla caduta del valore delle uve e dei mosti, rischia di essere travolto da un’industrializzazione selvaggia della nostra viticoltura. La sensazione è che se non si procede a un sistema di promozione unito a un intenso programma di educazione del consumatore, difficilmente la qualità reale verrà percepita, e così si lascerà spazio esclusivamente alle mode.

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