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La Stampa

Sostiene Slow Food ... La svolta liberista non serve... In questi ultimi mesi c’è una preoccupazione che tormenta i vignaioli europei, lo spauracchio della liberalizzazione degli impianti, ovvero la possibilità, per qualsiasi proprietario di un terreno, di piantare una vigna, cosa fino ad oggi proibita, in mancanza dei diritti per poterlo fare. La svolta liberista è una delle eredità della riforma Ocm operata dalla commissaria europea Fischer Boel, che conteneva anche altre importanti direttive che sono state del tutto disattese. L’obiettivo Ue era quello di abbassare i costi per la collettività generati dalla coltivazione dell’uva. Da una parte si volevano eliminare gli aiuti comunitari per la distillazione di crisi, ovvero si doveva smettere di pagare per la distruzione del prodotto, dall’altra, laddove si fosse usciti da un mercato drogato dagli aiuti pubblici, si lasciavano liberi i viticoltori di piantare e spiantare a proprio piacimento. Ma siccome la politica ha deciso di non abbandonare il miope e clientelare sostegno, che senso può avere la liberalizzazione di un settore che si sorregge grazie agli aiuti di Stato? Si rischierebbe solo di ingolfare ulteriormente il mercato con altri surplus, generati dall’aumento delle superfici vitate. I Vigneron indipendenti europei, capitanati dai francesi e in Italia sostenuti dalla Fivi, affermano che il mercato del vino, con così tante etichette e produttori diretti, è animato da una forte concorrenza, senza che si senta il bisogno di aumentare i vigneti. Aggiungono, inoltre, che al massimo il problema è quello opposto, ovvero la tutela del territorio da uno sfruttamento esagerato. Per informazioni e aggiornamenti: www.fivi.it.

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