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La Stampa

Moscato, 25 milioni di bottiglie ... Una canzone rapper lo lancia negli Stati Uniti: vendite a più 46 % ... Un record nonostante il mercato sia sempre di più invaso da concorrenti stranieri … C’è chi dice che investire oggi in bottiglie di Moscato sia meglio che puntare sui Bund tedeschi. In effetti, la “Moscatomania” sta contagiando un po’ tutti, con percentuali di crescita dei consumi a cifra doppia e diffusione del fenomeno sempre più allargata a livello planetario. Negli Stati Uniti, il boom è tale che anche i rapper afroamericani del calibro di Kanye West e Waka Flocka Flame hanno inserito il nome Moscato nei loro testi, facendolo diventare un tormentone di freschezza e sensualità. In tempo di crisi, questa moda che ormai dura da qualche anno è senza dubbio un’ottima notizia. Ma anche un caso da valutare con attenzione, perché con molte luci presenta pure qualche pericolo. L’evoluzione del Moscato d’Asti Docg a tappo raso, piccola nicchia d’eccellenza che proprio in questi giorni presenta la nuova annata 2011 con eventi e degustazioni dalle Langhe di Mango fino ai caffè storici di Torino, è in qualche modo esemplare. Fino a quattro anni fa, la produzione era ancora sotto i 10 milioni di bottiglie, realizzate con passione dai piccoli produttori e dalle cantine sociali utilizzando l’uva dei “sorì”, i vigneti meglio esposti. Oggi la produzione è arrivata a 25 milioni, 11 dei quali venduti negli Stati Uniti, dove la crescita nell’ultimo anno è stata del 46%. Ma il valore medio della bottiglia è diminuito, anche se la quotazione delle uve è costantemente aumentata. E , perché nel frattempo il mercato è stato invaso da vari Moscati concorrenti, tutti con prezzo nettamente inferiore: italiani dall’Emilia Romagna, dall’Oltrepò Pavese e dal Veneto (che crescono con un ritmo del 100%), ma anche e soprattutto californiani e australiani, che dominano le vendite con prezzi medi di 5-6 dollari a bottiglia contro i 13-15 dollari del Moscato d’Asti. Il vino dolce in America spopola in ogni momento della giornata, incurante dei tradizionali abbinamenti con il dessert e con le occasioni di festa. Che fare per stare dietro al fenomeno senza danneggiare qualità e immagine del prodotto? “Inutile pensare di poter fare concorrenza a questi colossi a basso prezzo, o continuare a preoccuparci di chi impianta ovunque nuove barbatelle - dice il direttore del Consorzio dell’Asti, Giorgio Bosticco -. Occorre invece assecondare le richieste del mercato con una crescita misurata della produzione e, soprattutto, con un grande lavoro di promozione per far conoscere la nostra differenza e unicità, rafforzando la posizione che abbiamo conquistato al top della gamma”. Dunque, puntare tutto sulla qualità, sulla freschezza e sui profumi del Moscato piemontese, facendo valere il fatto che nasce in una zona delimitata, nonché controllata e garantita. E’ ciò che sta facendo l’Enoteca regionale Colline del Moscato, che fino a giovedì propone un banco d’assaggio con oltre 80 etichette della nuova annata nel castello di Mango, a metà strada tra le colline di Alba e Asti. Ma alcuni consigli sono arrivati anche dagli esperti americani di comunicazione che proprio in questi giorni sono a Torino per il debutto del Moscato d’Asti 2011.”I moscati prodotti in California - dice il biogger ed enotecaro Gregory Dal Piaz - sanno di frutta cotta, non hanno la naturalezza e gli aromi del vostro vino”.
Spiegarlo a un rapper afroamericano che canta in slang “I’ma sip Moscato and you gon’ lose them pants” (“sorseggio Moscato e tu ti sfili i jeans”) non sarà semplice, ma pare proprio che il gioco valga la candela.

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