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LA VITA DELLE API E’ IN GRAVE PERICOLO, E I DANNI CAUSATI DA SOSTANZE CHIMICHE COLPISCONO ANCHE ALTRI INSETTI UTILI ALL’AGRICOLTURA. LO DENUNCIANO TUTTE LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA CHE LAMENTANO IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI

L’esistenza delle api è in grave pericolo: è l’allarme che arriva da tutto il mondo delle associazioni apistiche italiane, dal Friuli (Udine e Pordenone) al Veneto (Treviso, Venezia e Vicenza), dall’Emilia Romagna (Piacenza) al Piemonte (Torino), e, in maniera ancora più forte, dalla Lombardia (Pavia, Milano, Cremona, Varese, Brescia, Bergamo, Lodi).
Si parla di migliaia e migliaia di alveari colpiti da quella che viene definita una “sindrome chimica”, favorita da una serie di circostanze (fioriture anticipate e siccità perdurante) che hanno evidenziato quest’anno un fenomeno preesistente e devastante nella pianura padana, con lo spopolamento di decine di migliaia di famiglie d’api che non produrranno miele di sorta, a causa dell’utilizzo di alcuni fitofarmaci sistemici in agricoltura.
Il pericolo paventato da anni da molti operatori di settore si è, dunque, concretizzato in questa primavera e su vasta scala: nelle operazioni di semina del mais si è verificata una notevole dispersione di sostanze chimiche contenute nella concia dei semi (il trattamento insetticida con cui sono ricoperti i semi), sul terreno e sulla vegetazione circostante.
All’origine della grave contaminazione ambientale ci sono trattamenti insetticidi su cereali da paglia o piante da frutto, il che spiegherebbe perché anche in alveari al massimo dello sviluppo primaverile, con anche più di 50.000 api, la popolazione si è dimezzata, risparmiando solo le “api di casa” e sterminando le api adulte che consuetamente sono dedite al raccolto di miele e polline.
Ma la grande moria delle api non è un problema dei soli apicoltori: i danni “invisibili” e più devastanti sono gli sconvolgimenti irreparabili alle popolazioni di insetti e in particolare di quelli utili e indispensabili alla campagna.
L’84% delle produzioni agricole, infatti, è possibile in Europa solo grazie all’apporto degli insetti pronubi che provvedono a fecondare i fiori e a garantire la riproduzione dei semi e dei frutti. Le api rappresentano quindi la punta dell’iceberg di ben più rilevanti conseguenze all’insieme dell’equilibrio ambientale.
E se un pesticida può risultare così dannoso per l’ape, ritengono le associazioni, devono essere esaminati in maniera approfondita anche tutti i potenziali effetti sull’insieme degli insetti utili, sulla fauna, sull’intera catena alimentare e quindi sull’uomo.
Il nodo centrale da affrontare sono dunque i fitofarmaci. Ma mentre in Francia sono state emesse sentenze che confermano il mancato rispetto delle stesse normative previste dall’Unione Europea e sospendono l’uso dei preparati contenenti alcuni principi attivi dannosi, in Italia, lamentano le associazioni, c’è stato un silenzio assordante di tutte le istituzioni in risposta alle denunce e agli allarmi espressi da diversi e autorevoli soggetti.
Alla luce di questo, chiedono che nessuna molecola con una tossicità elevata nei confronti dell’ape venga autorizzata fino a quando test indipendenti e convalidati non abbiano dimostrato l’innocuità del prodotto per l’insieme degli insetti nel lungo periodo, per le api stesse e la loro covata, e per l’alveare considerato come un sistema complesso e assai delicato.

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