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IL PUNTO

L’agroalimentare italiano, tra vendite in Gdo, quotazioni e mercati, ai tempi del Coronavirus

Boom degli acquisti in Gdo (+11% la scorsa settimana), soffre la filiera del latte (ed il Parmigiano Reggiano), torna il sereno in Polonia e Slovenia

L’Italia inizia la sua seconda settimana di stop, una “pausa” dalla normalità che ha fatto piombare il Paese in una situazione mai vista, almeno dai tempi della Seconda Guerra Mondiale: negozi chiusi - ad eccezione di alimentari e farmacie - strade deserte, livelli produttivi ridotti ai minimi termini, numeri dei contagiati dal Covid-19 che continuano, inevitabilmente, a crescere, ma anche la speranza coltivata tra le mura di casa, dove la vita, tutto sommato, va avanti, tra aperitivi in videochat con gli amici più o meno lontani, e le ore passate ai fornelli. Perché se il plauso - o meglio l’applauso - più forte va al lavoro straordinario di medici ed infermieri, ad assicurare a tutti noi una vita il più normale possibile è l’attività, che non si è mai fermata, della filiera agroalimentare: la campagna va avanti, così come il lavoro delle aziende del food del Belpaese e, a chiudere il cerchio, quello della Gdo.
Che, com’è facile immaginare, in un momento drammatico per l’economia italiana - e non solo -  mostra tutta la sua anticiclicità, raccontata dai numeri di Nielsen,
azienda globale di misurazione e analisi dati: nonostante le code, con attese che a Milano, fuori dai supermercati, raggiungono spesso le due ore, nella settimana che va dal 2 all’8 marzo, rispetto alla corrispondente settimana del 2019, “le vendite in Gdo segnano un +11% a valore a parità di negozi”. A trainare il mercato è, come avvenuto la scorsa settimana, il Sud del Paese: +20,9%. Seguono Centro (+12,9%), Nord Ovest (+7,9%) e Nord Est (+7,5%). Considerando le due settimane, dal 24 febbraio all’8 marzo, Nielsen ha indicato un incremento dell’11,4% rispetto a un anno fa. A livello di format distributivi, sottolineano gli analisti, il trend maggiore si registra nei discount (+15,4%) e nei supemercati (+15,4%), seguiti subito dai liberi servizi (+10,1%). Ma il vero boom lo ha registrato l’ecommerce di prodotti alimentari: nella settimana analizzata da Nielsen “sono aumentate dell’82,3% le vendite online di prodotti di largo consumo”. Un dato che “è in linea con il trend della settimana precedente”, quando era appena partita in Italia la paura di una epidemia sanitaria.
“Anche la scorsa settimana è proseguita la corsa agli acquisti degli italiani. Anche nei giorni immediatamente precedenti il decreto dell’8 marzo le vendite della gdo sono cresciute a ritmo sostenuto per poi esplodere nella giornata di domenica a seguito delle nuove misure restrittive”, commenta Romolo de Camillis, retailer service director di Nielsen Connect in Italia. “La crescita delle vendite testimonia, per la terza settimana consecutiva, la disponibilità dei prodotti sugli scaffali e la capacità organizzativa della filiera del largo consumo di fronteggiare la situazione eccezionale”.
Una dinamica che, in Italia ed ormai in tutto il mondo, porta conseguenze anche sui listini dei beni delle materie prime agricole ed alimentari, come racconta l’analisi di Bmti, la società del Sistema camerale italiano per la regolazione, lo sviluppo e la trasparenza del mercato e per la diffusione dei prezzi e dell’informazione economica che fa capo al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Così, tra le materie prime agricole, i timori di un netto rallentamento della domanda mondiale stanno colpendo in particolare i semi oleosi, con forti ribassi della soia sulle principali piazze internazionali, compresa l’Italia. Ma gli scambi si confermano limitati anche per il riso, mentre i registrano i primi timori legati alle difficoltà di approvvigionamento di mais dall’estero, e rimane statico il mercato dei grani di base, con domanda limitata ed incertezza sull’andamento futuro della domanda. In rialzo i prezzi della carne di maiale e di coniglio, con la chiusura forzata dei ristoranti che pesa invece sui prezzi di seppie, calamari, acciughe, gambero rosa, mazzancolle, in calo, con surplus di offerta e domanda limitata. Arrivano poi sul mercato, con prezzi in crescita, i prodotti della primavera, come i carciofi, gli asparagi e le fragole.
A preoccupare, visti i forti cali di prezzo, è invece il settore lattiero caseario, con i primi segnali di crisi, accolti con preoccupazione da parte dei produttori. Questione sollevata da Cia-Agricoltori Italiani, che spiega come i caseifici inizino a rallentare le lavorazioni e a chiedere agli allevatori di diminuire la produzione, a causa soprattutto della chiusura delle mense e dei canali bar e ristorazione, diretta conseguenza delle nuove misure di contenimento, chiedendo alle aziende italiane di disdire i contratti con l’estero e di acquistare dagli allevatori italiani, così come ai cittadini di acquistare latte fresco italiano. Restando in tema, il Consorzio del Parmigiano Reggiano, per salvaguardare la produzione dei suoi 330 caseifici, ha rivolto al Ministero delle Politiche Agricole ed alla Ue la richiesta di “una deroga al disciplinare, come previsto da legge 1151/2012 che regola le Dop in caso di emergenze sanitarie, per consentire maggiore flessibilità ai tempi e vincoli di lavorazione al fine di evitare la chiusura di caseifici e allevamenti”. Anche in virtù di sempre maggiori criticità che riguardano la disponibilità di organico dovuta al crescere dei contagi, che ha portato il Consorzio alla creazione di una banca dati di casari in pensione ed ex addetti alla produzione che possono essere richiamati dai caseifici in difficoltà
Problemi che, in futuro, potrebbero colpire anche altre filiere, specie quelle più esposte sui mercati esteri. Da cui arrivano notizie positive: il sottosegretario alle Politiche Agricole Giuseppe L’Abbate ha fatto sapere che la situazione sul fronte polacco - dove solo tre giorni fa la catena di distribuzione locale Zabka (3.000 negozi nel Paese) aveva annunciato lo stop alle importazioni agroalimentari dall’Italia - è cambiata, e “sia la catena locale di distribuzione alimentare Zabka che quella francese Carrefour hanno dichiarato che continueranno nell’approvvigionamento di prodotti enogastronomici dall’Italia. Nessun annullamento ordini dai supermercati in Polonia, pertanto, sebbene - aggiunge il sottosegretario L’Abbate - la situazione inizi ad essere complicata anche negli altri Stati dove, a fronte dell’allargamento del contagio, saranno prese le medesime decisioni già attuate in Italia”. Ormai, ci troviamo di fronte ad una pandemia, rispetto alla quale, spiega L’Abbate, “comportamenti discriminatori messi in atto, così come la richiesta di una certificazione “virus free”, rappresentano pratiche commerciali sleali, vietate dalle normative comunitarie e nazionali. Anche l’Efsa, l’Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare, ha ribadito che non vi sono prove che i prodotti agroalimentari siano fonti o via di trasmissione del virus: pertanto ogni discriminazione verso prodotti enogastronomici italiani è priva di fondamento scientifico e inaccettabile”.
Risolta anche la querelle con la Slovenia, che ammetterà il passaggio del confine dei tir provenienti dall’Italia, a fronte del controllo della temperatura dei trasportatori. Intanto, le misure draconiane, necessarie a debellare il Coronavirus, decise dall’Italia, sono state sposate anche dalla Spagna e, parzialmente, dalla Francia, dove ristoranti e bar resteranno chiusi per le prossime settimane, mentre il turismo - e l’economia ad esso legata, che in Italia vale il 10% del Pil - è praticamente paralizzato ovunque.

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