Lanciare un format di racconto e di narrazione del vino e dei suoi luoghi più belli, creando quel mix tra mito e sogno in cui sono stati bravissimi i francesi e che fa la differenza nei mercati del mondo, coinvolgendo una grande casa editrice o un gruppo editoriale importante (sullo stile della collana d’arte in edicola con il “Corriere della Sera”, ndr), con il supporto, però, fondamentale del “pubblico”, che invece che sperperare risorse in mille progetti di minore portata.
È la provocazione, lanciata a WineNews, da Philippe Daverio, istrionico critico d’arte e ormai habituè del mondo del vino (premiato, come “Uomo dell’Anno 2014” per “essere un simbolo di cultura ai massimi livelli internazionali”, ieri sera, a Roma, dalle Donne del Vino, che così hanno voluto evidenziare la correlazione tra vino e cultura, un binomio da sempre alla base dell’associazione, oggi condotta dalla produttrice campana Elena Martuscello), che ha firmato di recente un video promosso dal Consorzio del Gavi, grande bianco piemontese.
“La qualità in Italia certo non manca, negli ultimi 25 anni in questo senso c’è stata una rivoluzione, ma sul creazione del mito del vino italiano, tranne rari casi, siamo ancora lontani. E si può fare tanto perché i paesaggi del vino del Belpaese, tra l’altro, sono i più belli del mondo, senza nulla togliere a nessun altro”.
Ma per raggiungere questo risultato servono investimenti importanti, perchè le cose vanno fatte in maniera professionale. E in questo senso, secondo Daverio, sono pochi i territori che potrebbero farcela puntando sulla sola forza del loro tessuto imprenditoriale. Di qui la necessità di coinvolgere il settore “pubblico”, e le istituzioni, in progetti di comunicazione più organici. Che partano dal vino, e vadano anche oltre.
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