É capitato a tutti: sedersi al tavolo di un ristorante e ritrovarsi ad assistere, nostro malgrado, alle scenate di bambini capricciosi e maleducati, che corrono tra i tavoli o strillano, disturbando noi e gli altri clienti. Quello dei bambini al ristorante è un dibattito che si trascina ormai da anni, infiammando gli animi non solo in Italia, ma anche in altri Paesi. Una querelle su cui anche il Governo potrebbe entrare a gamba tesa, promuovendo, per il 2024, l’iniziativa “Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più” - ideata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy - per incentivare i consumi delle famiglie nel fuori casa, attraverso menu a prezzi agevolati per i più piccoli. Ma chi ha ragione, in quest’annosa diatriba che vede, da una parte, i diritti dei clienti a godersi serenamente il proprio pranzo o la propria cena, e dall’altra, i genitori che vorrebbero condividere l’esperienza del ristorante con i figli? Come sempre, forse, la verità sta in mezzo, e si sintetizza sul tema dell’educazione: non urlare, non alzarsi da tavola, non disturbare, non correre tra la gente, sono regole basilari che dovrebbero valere in generale, e non solo al ristorante.
A conferma della sempre più diffusa insofferenza per i bambini (in una società che, invece, fa meno fatica ad accettare e tollerare gli animali), i ristoranti childfree cominciano ad essere una realtà all’estero: tra i casi più recenti, saliti alla ribalta della stampa internazionale, “Netties Restaurant”, un ristorante italiano in New Jersey, e “Adrak Yorkville”, un locale in Canada , che hanno vietato categoricamente l’accesso ai bimbi al di sotto dei 10 anni. Una decisione che ha scatenato polemiche e critiche, ma anche il plauso di una parte dell’opinione pubblica. O come, in Spagna, lo stellato“O’ Fragón” a Fisterra, in Galizia, che impone la regola, per i bambini con meno di 12 anni, di restare seduti al tavolo fino alla fine del pasto.
Anche in Italia si moltiplicano le segnalazioni di locali che vietano o limitano l’accesso ai bambini: una pratica che, è bene ribadirlo, non è ammessa dalla legge. A disciplinare la materia è il Regolamento per l’esecuzione del Tulps (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza): in particolare, l’articolo 187 prevede testualmente che “salvo quanto dispongono gli articoli 689 e 691 del Codice Penale, gli esercenti non possono, senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”. E, tra i legittimi motivi, non c’è naturalmente il fatto di essere un bambino. Bar, ristoranti e alberghi offrono servizi definiti essenziali, dunque il locale che non ammette o allontana bambini rischia una sanzione amministrativa.
Ma, al di là della legge, i bambini - secondo i loro genitori - hanno il diritto di frequentare i ristoranti per godersi un pasto in famiglia fuori casa, oltre che per imparare, piano piano, a confrontarsi in società con altre persone. Inoltre il cibo è anche scoperta, e sperimentare nuovi sapori che non siano quelli casalinghi può essere per i più piccoli un’avventura affascinante. Ma occorre far capire ai bambini che, in questi casi, ci sono regole da rispettare: meglio allora cominciare a mangiare fuori casa da amici o parenti, in un ambiente protetto, e solo in un secondo momento sperimentare locali “family friendly” - più spaziosi e con proposte di menu dedicati - prima di avventurarsi in ristoranti formali e meno adatti ai più piccoli. Inoltre, è sempre importante tenere conto dei limiti dei bimbi, in base alla loro età, e portare dietro qualcosa per intrattenerli in maniera tranquilla a tavola dopo che hanno finito di mangiare, come matite e quaderni (meglio evitare, se non in caso di assoluta emergenza, i device elettronici).
Intanto il Governo potrebbe inserire le uscite fuori con i bambini tra le misure anti-inflazione: allo studio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy ci sarebbe, infatti, l’iniziativa “Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più”, con la proposta di menu a prezzi scontati per i più piccoli. Nei mesi scorsi si sono svolti i primi incontri al Ministero con le associazioni delle imprese della ristorazione e delle famiglie, con l’obiettivo di stilare un protocollo (come quello già sperimentato del carrello anti-inflazione sui beni di prima necessità): in dettaglio, l’iniziativa prevedrebbe menu bambini a meno di 10 euro, piatti del territorio a prezzi calmierati e altri menu a prezzi scontati; nei verbali si legge che “la riunione nasce con l’obiettivo di promuovere nuove idee affinché i gruppi familiari (soprattutto quelli numerosi) possano frequentare i ristoranti che, invece, molto spesso sono oggetto di segnalazioni legate a prezzi elevati”.
Secondo le prime anticipazioni l’iniziativa dovrebbe partire adesso, in gennaio 2024, con durata quanto meno per tutto il primo quadrimestre dell’anno. La proposta sarebbe sviluppata “al fine di garantire un effetto calmierante sui prezzi della ristorazione, contribuendo così a raffreddare la spinta inflazionistica”. L’obiettivo è chiaro: incentivare i gruppi familiari, in particolare quelli numerosi, a frequentare più assiduamente i ristoranti. Ma, oltre a garantire un effetto calmierante sui prezzi della ristorazione, l’iniziativa del Governo mira ad instaurare un nuovo rapporto di fiducia tra esercenti e famiglie, incoraggiandone il ritorno nei locali attraverso una campagna di comunicazione dedicata. Del resto, le famiglie con bambini rappresentano un’importante fetta di mercato, e in una logica di customer care potrebbero rappresentare un investimento per le imprese di ristorazione.
Scettica per ora sulla misura la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi): “questa iniziativa - ha dichiarato il presidente Fipe, Lino Stoppani - si scontra con difficoltà operative, dal momento che, una volta raggiunto l’accordo con le associazioni, è necessario implementarlo sulle imprese e sui territori. Un menù a 10 euro potrebbe risultare eccessivo nelle catene della ristorazione commerciale e troppo contenuto nei ristoranti stellati. Al di là di queste considerazioni - aggiunge Stoppani - i ristoranti stellati, famosi per offrire menu degustazione con costi tra i 100 e i 200 euro a persona, non rappresentano l’ambiente idoneo per politiche antinflazionistiche, né per il pubblico più giovane. Chi è disposto ad investire cifre considerevoli per l’esperienza culinaria di alta qualità difficilmente si avvantaggerebbe da sconti dedicati ai bambini. Il focus dovrebbe piuttosto concentrarsi sulla ristorazione di fascia media, che coinvolge il pubblico delle famiglie e rappresenta l’habitat ideale per un’iniziativa di questo genere”.
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