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LE API E IL LORO MONDO

Miele

Chi si trovasse per la prima volta ad assistere, insieme ad un amico apicoltore, all'apertura di un alveare, e ne vedesse estrarre un telaino col favo, coglierebbe forse solo l'insieme brulicante e indifferenziato delle api. Se l'apicoltore ha mano ferma e tranquilla, le api rimarranno intente alle loro attività, senza sollevarsi dal favo. Ma occorrerrà anche qualche sbuffo di fumo. Si dice che il fumo risvegli nelle api un istinto primario e profondo, quello di allerta di fronte all'incendio della foresta, che impone di lasciare, tutte insieme, la vecchia dimora in pericolo per trovarne una nuova. Ma, prima di lasciarla, di rifornirsi d'adeguate provviste. Per questo, percependo il fumo, l'ape si tuffa nel miele, riempiendo la sua "borsa melaria", e, riempiendosene, si calma. Così, quando le api sono calme, anche l'osservatore novizio potrà guardare più in profondità, e poco alla volta potrà notare che non tutte le api sono uguali: c'è la maggioranza di operaie, più piccole e agili, ci sono i maschi, più grossi, tozzi e goffi nel volo, col loro ronzio vibrante, quasi di contrabbasso; con un po' di pazienza, potrà individuare la regina, la sua forma allungata, il suo incedere maestoso, a volte con il lungo addome immerso in una cella, intenta a deporre un uovo. Potrà vedere che il favo si divide in zone diverse, una corona di miele, una fascia più interna di polline dai vari colori, e al centro la covata, dove si possono distinguere le uova e le larve se è ancora aperta, altrimenti la nitida scansione delle celle esagonali quando è già chiusa, sigillata con cera. Lo sviluppo avviene all'interno. A volte potrà notare le api nascenti emergere mangiando il sigillo di cera, sporgere la testa, uscire dalla cella e, con passo ancora incerto, simili a pulcini bagnati, saggiare con le zampine la superficie del favo. Il nostro amico potrà, con un po' d'attenzione distinguere, dall'ape giovane, quelle più vecchie, meno pelose e più lucide, consumate dal loro andirivieni nei fiori. Ma solo con una più lunga frequentazione egli potrà rendersi conto della molteplicità di funzioni svolte dalle api operaie. Funzioni che variano con l'età (la vita di un'operaia è di circa trenta giorni) e vanno in successione dalla pulizia, alla nutrizione della covata alla costruzione e riparazione dei favi, al ricevimento e stoccaggio del nettare e del polline portato dalle compagne bottinatrici, alla difesa dell'alveare, fino alla raccolta. Funzioni che corrispondono allo sviluppo d'organi diversi e adatti allo scopo, ma che in caso di necessità, abbandonano ogni rigidità: e questo è uno degli aspetti più affascinanti dell'organismo alveare: la sua adattabilità alle situazioni anche mutevoli, in cui le api colgono di volta in volta quello che è necessario fare per mantenere in vita nel modo migliore l'organismo di cui sono parte. Pian piano, il novizio diverrà più esperto e potrà cogliere quello che è stato definito il vero e proprio "linguaggio" delle api: le danze circolari con cui segnalano alle compagne rimaste nell'alveare la distanza da sorgenti di nettare o acqua. Un aspetto affascinante della loro vita, che meritò allo scienziato austriaco Karl Frich il Premio Nobel, nel 1973, per la sua scoperta. Il mondo delle api è fonte di scoperte ed esperienze che non finiscono mai: ogni apicoltore, anche anziano ed esperto, sa bene che ad ogni nuova stagione farà nuove scoperte, avrà nuove sorprese, che sempre di più lo collegheranno al ritmo dei fiori e delle stagioni, ai segreti dei luoghi e dei venti, in un processo senza fine.

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