Le filiere di vino, spiriti e aceto, insieme ai settori a monte e a valle del processo produttivo, valgono 18 miliardi di euro, ed occupano 1,2 milioni di lavoratori. Lo svela lo studio di TradeLab commissionato da Federvini, presentato oggi a Roma. I dati, così analizzati, raccontano di un settore che fa numeri straordinari: le tre filiere, nel 2011, impiegavano il 5,15% di tutti gli occupati d’Italia (1.180.931 lavoratori), per un valore aggiunto che supera i 13 miliardi di euro, specie nel canale fuori casa (bar, ristoranti, locali), che genera, grazie alla vendita di vino e spiriti, 5.5 miliardi di euro di valore aggiunto. Tanti aspetti diversi che hanno portato, nel 2011, il valore di mercato dei consumi finali di vino, spiriti e aceto a quota 18 miliardi.
Condotto sui dati 2011 (gli unici disponibili in modo compiuto), lo studio ha misurato l’importanza economica di tali settori, adottando la prospettiva di filiera, ovvero considerando non solo il contributo direttamente riconducibile alla fase di produzione, ma anche quello attribuibile ai settori a monte e a valle del processo produttivo in senso stretto. Si tratta, per quanto riguarda i settori a monte, dei vari fornitori di beni e servizi che contribuiscono con i loro output alla predisposizione delle materie prime e dei semi-lavorati impiegati nel processo produttivo in senso stretto e, per i settori a valle, dei vari operatori - intermediari, centri di distribuzione della grande distribuzione organizzata (Gdo), negozi di vicinato, superfici a libero servizio e punti di consumo - che intervengono nei processi di distribuzione e commercializzazione del prodotto finito, con riferimento sia al mercato a casa sia al mercato del fuori casa.
Sul versante occupazionale le tre filiere analizzate impiegavano globalmente 1.180.931 occupati, pari al 5,15% del totale occupati in Italia, corrispondenti a 22,9 milioni di unità lavorative nel 2011. Il valore aggiunto generato dai tre settori analizzati è pari a oltre 13 miliardi di euro. Esso evidenzia l’importante contributo fornito dagli operatori che si occupano della distribuzione e commercializzazione del prodotto: il canale fuori casa (es. bar, ristoranti, locali serali), grazie alla vendita di vino e spiriti, genera per l’economia nazionale quasi 5,5 miliardi di euro di valore aggiunto, a cui si aggiungono oltre 400 milioni di euro riconducibili alla vendita dei prodotti finiti nel canale at home (grande distribuzione, dettaglio tradizionale, enoteche).
Sul versante contributivo e fiscale nel 2011 lo Stato Italiano, grazie alla produzione e vendita di vini, spiriti e aceti, ha riscosso 8,5 miliardi di euro a titolo di imposte sul valore aggiunto, accise (nel caso dei vini liquorosi e degli spiriti), tasse sul reddito di impresa, tasse e contributi sul reddito da lavoro. La filiera che contribuisce maggiormente alle entrate fiscali è quella del vino, che ha versato imposte e contributi per quasi 4,9 miliardi di euro, seguita dalla filiera degli spiriti che, grazie anche al contributo delle accise sulla produzione di bevande alcoliche, versa nelle casse dello Stato Italiano quasi 3,5 miliardi di euro. Le imposte e contributi attribuibili alla filiera dell’aceto sono circa 141 milioni di euro.
Il valore di mercato dei consumi finali di vino, spiriti e aceto è stato pari nel 2011 a circa 18 miliardi di euro e ha generato un’imposta sul valore aggiunto di 3,6 miliardi di euro; trattandosi di uno studio effettuato su dati 2011 quando l’Iva era al 20%, già oggi si può affermare che, con l’Iva al 21%, il totale ammonti a quasi 3,8 miliardi di euro, salendo a 3.970.066.385 euro qualora l’Iva fosse aumentata al 22%. Le accise che in Italia gravano sulla produzione di spiriti e vini liquorosi, hanno portato nelle casse dello Stato Italiano 541 milioni di euro. Le tasse sul lavoro (imposte e contributi che le imprese coinvolte nelle filiere analizzate versano per i propri addetti) e quelle sul reddito di impresa (imposte dirette sulle sole imprese di produzione) hanno generato introiti per lo Stato pari a 4,4 miliardi di euro.
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