Nei primi sette mesi di questo travagliato 2020, l’Italia ha esportato verso la Cina 45 milioni di euro di vino, in calo verticale - del 39,2% - sui 74 milioni di euro dello stesso periodo del 2019. In termini di quote di mercato, così, oggi la Cina vale appena l’1,28% delle spedizioni totali, in valore: un anno fa era al 2%. In un momento così, in cui l’Occidente è alle prese con la temuta seconda ondata della pandemia di Covid-19, appare ancora più evidente quanto la Cina rappresenti un’opportunità enorme per il vino italiano, che, negli anni, è cresciuta a ritmi ampiamente insufficienti. Con qualche eccezione, come il Chianti, per cui la Cina oggi rappresenta il 5% del mercato, “ma la sua rilevanza - spiega il presidente del Consorzio Chianti, Giovanni Busi - non è legata tanto ai numeri attuali, quanto alla crescita importante che il Chianti sta avendo da qualche anno su quel mercato e, viste le dimensioni che quel mercato ha, è chiaro che si intravede una possibilità di sviluppo commerciale veramente importante. Non ci sentiamo di escludere che da qui a qualche anno la Cina possa diventare il mercato più importante per il Chianti”.
Ed allora, aspettando che l’Italia e l’Europa tornino luoghi sicuri in cui promuovere e raccontare il vino, incontrandosi come avveniva nei mesi ormai passati, il Consorzio Vino Chianti riparte da qui, dalla Cina, dove sarà protagonista all’Interwine Canton 2020 (9-11 novembre, Canton) e al QWine 2020 (14-16 novembre, Qingtian). a Canton, il Chianti sarà presente con 10 aziende, e un bancone istituzionale dedicato alla denominazione con 24 etichette di 14 aziende, proponendo una degustazione orizzontale dell’annata 2016 di Chianti Riserva; a Qingtian, invece, il Consorzio torna sempre con 10 aziende, per un totale di 74 etichette, e una degustazione verticale dedicata al Vin Santo del Chianti Doc, con un collegamento virtuale dall’Italia.
“Il ritorno in Cina è fondamentale - riprende Giovanni Busi - significa che le aziende ripartono con le attività di marketing. In maniera un po’ zoppa, perché non c’è la presenza diretta dell’azienda dall’Italia, ma è comunque un’opportunità per affrontare nuovamente il mercato cinese, far assaggiare i prodotti, intrattenere rapporti commerciali, malgrado l’amarezza che rimane nel non poter condividere questo momento fisicamente con i compratori”.
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