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Libero

Punito chi punta solo sull’export per fare fatturato ... I produttori vitivinicoli che si sono appiattiti sulla grande distribuzione italiana e le cooperative che hanno puntato tutto sul fornire i grandi imbottigliatori hanno sbagliato: pochi hanno generato valore nel tempo e molti oggi soffrono per un calo dei consumi davvero pesante. L’inflazione galoppante nel nostro Paese fa crollare le vendite del 7%. A fronte di un aumento dei prezzi, corrisponde una diminuzione del potere di acquisto dei consumatori che si ripercuote in maniera negativa stille vendite. A rivelarlo è il rapporto redatto dagli analisti dell’Osservatorio del Vino di Unione italiana vini e Ismea. Una analisi che si basa sugli acquisti delle bottiglie di vino presenti sugli scaffali dei principali supennercati d’Italia nei primi nove mesi del 2022. Il quadro è abbastanza chiaro: i prezzi sono in forte salita e i consumi, di conseguenza, subiscono un calo significativo. Il volume di vendita del vino nei supermercati italiani, durante il mese di settembre, ha fatto registrare un calo del 7% che equivale a 5,6 milioni di ettolitri. Le brutte notizie non finiscono qui: si registra anche un calo dei valori del 3,5% che equivale a circa 2 miliardi di estro in meno. Da inizio anno i prezzi medi totali di vino e spumante (metodo Martinotti in gran parte) presenti sugli scaffali dei supermercati italiani sono cresciuti del 4%. Se si considera solo il quarto trimestre del 2022, invece, l’aumento dei prezzi tocca il 7%. Nel corso dell’anno c’è stato un importante calo dei fermi (-7,5%), dei bianchi (-6%) e dei vini rossi (9,2%). Una situazione che influisce negativamente su tutta la produzione nazionale. E necessario ripensare le politiche di posizionamento del vino, come sostengo da anni e da tempi non sospetti. Bisogna ricreare forti alleanze e strategie tra produttori e il canale Horeca, fare squadra con i veri professionisti della vendita e della somministrazione. E poi diciamola tutta: la grande corsa all’export a volumi che benefici ha portato dawero alla filiera produttiva? Qual è stato il valore aggiunto riconosciuto in questi anni ai produttori di sola uva magari associati a qualche maxi cooperativa? Che effetto ha avuto per molte cantine l’abbandono del mercato nazionale? La scelta di correre coni volumi per inseguire fatturati e non valore aggiunto ha fatto più male che bene. Questa è l’epoca del vino identitario, del vino-emozione, del vino-brand. Il mercato dopato dei volumi lasciamolo ai mega imbottigliatori senza mezzo ettaro di vigna.

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