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Libero

Quel “simpatico”, shakespeariano Gaglioppo ... Credo che se William Shakespeare fosse
a conoscenza delle doti e qualità di questo vitigno Gaglioppo così determinato e guascone lo avrebbe citato almeno in una delle sue opere. Io ce lo vedrei benissimo in “Sogno di una notte di mezza estate”. Quando tutti i suoi personaggi si perdono e gravitano bosco, cercando di risolvere le loro storie che si intrecciano e si stravolgono. Un rosso caldo, cupo al bicchiere, che regala scie amaricanti, di grande finezza nelle sue espressioni migliori, fa viaggiare con quelle note di bacche di Ginepro, macis e scie minerali. D’Altronde molti secoli dopo Hugh Johnson lo ha definito il Barolo del sud, è chi sono io per contraddirlo? Non solo non posso, ma non voglio proprio farlo visto che la penso allo stesso modo. E la ragione è duplice: da una parte il Girò, quando è grande, è elegante e nobile, dall’altra si porta comunque dietro una omerica vena di mistero. Che peraltro ritrovo anche nel Girò bianco, che esprime con le note del Greco le ataviche migrazioni dei Feaci. E’ come se avesse da raccontare un poema che centellina nella sua affabulazione sensoriale. Ed è specchio della determinata, intelligente ostinazione di chi lo
produce e delle meraviglie della terra che lo genera. La Calabria affascina con le sue coste,
il suo mare, il suo calore, la sua tavola, il Cirò.

Un tramonto calabro di fine estate mi regalò sensazioni uniche: sale sulla pelle, vento che sapeva di macchia mediterranea e fra le mani un vino dal cuore granato, che metteva in difficoltà il mio naso, sensazione tante e cariche e di difficile interpretazione, insomma voleva tutta la mia attenzione, e l’ha avuta: parlava di prugne, di chiodi di garofano, di anice stellato, e colpiva nel suo essere impetuoso, caldo e con un tannino impeccabile e setoso. Neanche mi accorsi che il sole dietro l’isola di Dino si era nascosto del tutto, per il caldo che quel vitigno guascone mi aveva regalato. E accanto a me il libro aperto sulle pagine in cui Shakespeare racconta del “fiore vermiglio di cupido” che spruzzato negli occhi ci farà innamorare della prima persona che incontreremo al nostro risveglio, a me è bastato un calice di Cirò, il vento caldo e il sale sulla faccia per capire che la pozione per amare quello che avevo intorno l’avevo appena finito di degustare.

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