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Libero

Al bicchiere è meglio anche contro la crisi. Spopola il consumo a calice ... Una bottiglia, spesso, è troppa. Due bicchieri invece no, quasi mai. Sia per la salute, che per la patente, che per il portafogli. E anche per la curiosità degli amanti del vino. E ora che la birra ha superato il vino nel consumo fuoricasa durante il week end bisogna correre ai ripari. Ecco i segreti dell’inarrestabile successo del consumo di vino ai bicchiere. Una strada per percorrere i sentieri di Bacco che piace davvero a tutti: ai consumatori, che con 5, massimo 10 euro, possono togliersi anche lo sfizio di assaggiare uno di quei vini che hanno costi inaccessibili ai più, se si parla di un’intera bottiglia, o di abbinare nettari diversi ai piatti ordinati al ristorante senza spendere un patrimonio. E che possono gustarsi un bel pasto senza rinunciare alla “metà enoica” del cielo, scacciando il pensiero di lasciare la bottiglia stappata e pagata sul tavolo senza averla finita, inaccettabile soprattutto in tempi di crisi. Ma piace anche ai ristoratori, che hanno nel vino al bicchiere un alleato in più per combattere il calo dei consumi. E così ormai in tantissimi locali di qualsiasi dimensione e livello, è possibile ordinare un calice, scegliendo da una carta, o, nel peggiore dei casi, affidandosi all’offerta del giorno. Un’evoluzione qualitativa dell’anonimo e ormai quasi scomparso “quartino della casa”. “Le grandi bottiglie spaventano, soprattutto per i loro prezzi stellari, ma sono veramente pochi coloro che non possono spendere 5 o 10 euro per toglersi una curiosità. assaggiando questi vini al bicchiere - spiega Lodovico Antinori, oggi al timone di Tenuta di Biserno, ma che, nel recente passato, ha condotto nel ristretto “club” dei vini-mito mondiali l’Ornellaia e il Masseto - e servire vini al bicchiere, anche e forse soprattutto i grandi, “sdogana” queste bottiglie così importanti e attualmente penalizzate dal - la crisi di mercato, rimettendole di nuovo concretamente in gioco”.

La pensa così anche Luciano Zazzeri, chef stellato de “la Pineta” di Marina di Bibbona (Livorno), uno dei locali “cult” per gli amanti del pesce italiani e internazionali: “si beve meno vino, però si beve ancora. Io ho avuto un calo del 30% di vendite. Il problema più grosso è la legge su alcol e guida che ha frenato molto. Con il lavoro che facciamo noi, di qualità, poi c’è anche il vino di qualità, la gente paga un piatto caro, ma anche un vino caro. Il problema è proprio quello di partire dopo con la macchina. Vendiamo molto più vino al bicchiere, ma bisogna organizzarsi per non avere sprechi e garantire qualità, e non è facile”.

Per dare un servizio di qualità, però, serve organizzazione, e in questo senso, c’è chi si è affidato alla tecnologia. Come quella di Enomatic, esempio pionieristico di un successo tutto italiano, che ha inventato una sorta di “bancomat del vino”, una macchina a temperatura controllata che permette di mantenere aperte, ma in perfetto stato, tutte le bottiglie che si vuole, dando la possibilità al ristoratore di avere un’offerta sempre all’altezza e non affidata al caso. Al punto che, da Greve in Chianti, sede dell’azienda, Enomatic si è diffusa in 73 Paesi del mondo, ed è presente nei wine bar e nei ristoranti più “in”, da New York a Londra, da Mosca a Parigi. Tanto che, secondo il quotidiano “Le Mondi”, che ha riportato uno studio sul 2009 di France Agrimer, il vino al bicchiere è presente nel 90% dei locali, che, in media, propongono almeno 4 etichette. Però bisogna stare attenti a non esagerare e a non tirare troppo sul prezzo, soprattutto per i vini di fascia non elevata. Nel caso francese, per un “bag in box” da 3 litri comprato a 8 euro, prezzo di un vino da tavola dell’Ardèche, il prezzo al bicchiere è di 2,90 euro. Ovvero, fatti i conti. il ristoratore guadagna 2 euro al bicchiere, o 50 euro su ogni confezione da cui si spillano circa 30 bicchieri, cori un ricarico del 500%.

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