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Libero

Quel piacere del bianco tra le vigne del Friulano ... Rileggo le pennellate di Luigi Veronelli, le cronache di Bruno Pizzul, cromatismi di Ottavino Missoni in un bellissimo libro “Il Collio” che fu voluto da Marco Feluca, uno dei maggiori testimonial del vino friulano, quando era presidente del consorzio del Collio. Quel libro con le foto di Christian Sappa, le note di Mario Busso, Walter Filiputti e Stefano Cosma, è forse il più poetico e completo approccio ad una terra di confine, che confina però anche con le massime vette del piacere enologico. È un’edizione ormai introvabile e forse sarebbe buona cosa che se ne facesse maggiore divulgazione perché partire per questa avventura tra le vigne richiede un approccio assai più meditato. Il Friuli, ma anche la parte della Venezia Giulia, non è un territorio che si possa percorrere nell’inconsapevolezza del suo divenire storico, del suo stratificarsi antropologico. Va conosciuto prima dell’incontro per comprendere quanta fatica abbiano fatto da queste parti per conquistarsi un posto al sole nell’Olimpo dei vini del mondo. Certo la natura li ha aiutati: perché qui si concentra un bello del Creato davvero inconsueto. Ma se questo è un vantaggio vi erano gli altri ostacoli da superare. Intanto l’annonizzazione di una vitivinicoltura assai diversa tra la fascia costiera, la pianura delle Gravi dove la terra è più sasso che zolla, la collina dove le minime valli impongono perizia di scelta dei siti dove piantare la vite. Poi vi erano scuole vitivinicole completamente diverse: da una parte quelle di eredità della Serenissima (con Conegliano come faro di tecnologia e di ricerca) dall’altra le abitudirti austrungariche. Ironia della storia proprio dall’Ungheria è arrivata quella che è stata vissuta per anni come una sconfitta, un vulnus, e che invece si sta trasformando in un’opportunità. L’hanno chiamata la guerra del Tocai, ma qui la guerra è stata ben altra cosa, con quel muro che divideva Gorizia e che è crollato dopo
quello di Berlino. Sono memorie che restano anche se oggi il Collio italiano dialoga con quello sloveno, il Brda, anche se sono tanti i produttori che hanno le vigne attraversate da un confine tortuoso, forse antistorico. Bisognerebbe salire in vetta a Tarvisio per vedere come le montagne di Carnia siano il luogo d’incontro tra il Mediterraneo (l’Italia) i Balcani (la Slovenia) e la Mitteleuropa (l’Austria) e assaporare questa atmosfera multiculturale. È il riscatto dell’agricoltura: qui le rivalità hanno meno senso perché la fatica di sudare la terra è uguale per tutti. Con questi presagi si parte alla scoperta del Friuli. È vero c’è una cesura tra la parte più propriamente friulana, quella di Udine, e quella goriziana che scivola dal mare alle montagne lungo una mezzaluna fertile di increspate colline. Tuttavia ragionando di qualità del vino e di suggestioni della storia non si può fare a meno di restare incantati da tanto bello diffuso di natura e di architettura. Udine è città maestosa con il castello che riporta l’emblema dei Bolani, con la colonna veneziana, con i portici, con una densità culturale invidiabile. È il capoluogo dei Colli Orientali anche se le sono distanti le colline dove maturano alcuni dei grandi bianchi friulano. Ci si trova invariabilmente all’osteria del Cappello per il tajut: un bicchiere di Tocai (ora lo chiamiamo friulano) una schiappa di Montasio, un po’ di pane. Si deve percorre il Natisone e arrivare a quello sprofondo sublime che fa da prologo alla meraviglia di Cividale. Imperdibile il museo per capire cosa fu qui prima la civiltà dei romani e poi quella dei Longobardi. Un luogo di confine culturale Cividale. Perché oltre comincia prepotente e ancora presente l’influsso germanico-slavo. E così su va verso Rosazzo (l’abbazia è meravigliosa) e poi ancora verso Buttrio, dove ammirare il castello Morpurgo, verso Attimis (bellissima la cattedrale) in un continuo altalenare di altimetri, con i castelli principeschi e le chiese monumentali che punteggiano l’orizzonte. Un orizzonte che sa di montagna con le Alpi Giulie a fare da corona e profuma di mare. L’Adriatico è lì a due passi e fa sentire profumi salmastri. Una benedizione per le vigne. Si ha in questo vagabondare lieto l’impressione di vivere davvero la terra del vino. Qui si incontrano continue osterie, continue cantine che offrono i loro vini e non è un mistero che il Movimento Turismo del Vino in Friuli Venezia Giulia capitanato da Elda Felluga e che poggia sulle spalle dinamiche di Maurizio del Mestre e Chiara Tuppy (il quartier generale è a Udine) sia un motore efficiente di promozione. Ma ecco che il paesaggio d’improvviso cambia. Se i Colli Orientali sono più ampi, più dolci, il Collio appare nervoso e bellissimo. Solcato da calanchi, il Carso del resto è poco oltre, è terra aspra e nobilissima. Fatta di piccoli centri di incantato stupore. Basta andare a Villa Russiz (bellissima la residenza, affascinante la storia) o a Rocca Bernarda con le vigne che si avvolgono attorno al colle e dove le vestigia dei Cavalieri di Malta sono presentissime, o bussare al Casello di Spessa (ora è un realais di straordinario fascino) per constatare come l’eccellenza del terroir si sia quasi per un’osmosi ideale trasferita nella qualità dei vini. C’è oggi un modo assai divertente per vedere il Collio: farsi un giro in Vespa con gli scooter gialli che un gruppo di produttori riuniti appunto in “Collio in Vespa” consentono di noleggiare
per fare un particolare turismo del vino. L’attacco al Collio non può che avvenire da Cormons (medievale, conserva vestigia sincretiche tra Venezia e Vienna) per poi proseguire a San Floriano, a Dolegna (incantevole) e sfociare a Gorizia: la città che conserva la sua eleganza asburgica, che non ha dimenticato il passato, ma che oggi è proiettata verso una dimensione transnazionale. Con il Friulano, il vino che da Tocai popolare, oggi è diventato un bianco esclusivo. Il bianco forse più complesso e rappresentativo d’Italia. Forte e gentile, elegante e immediato come la sua terra.

Venica, Ronco delle Cime Uno dei migliori Friulano in assoluto. È minerale, robusto, con incantevole finale di mandorla amara. Gran Collio! (18 euro).

Raccaro, Vigna de Rolat Una bottiglia di gran classe. Friulano del Collio con espressione di agrumi, minerale, intenso. Da gran pesce (17 euro).

Livon, Ronc de Zorz Tra i Friulano di eccellenza. Molto fruttato ha piacevoli note di agrumi e un finale sostenuto. Da crostacei e formaggi duri (14 euro).

Villa Russiz Collio Friulano Un vino indiscutibile per eleganza e finezza. Il Friulano del Collio è davvero un vino bianco incantevole (15 euro).

Russiz Superiore Collio Friulano Elegante bouquet floreale con accenti agrumati, finale sostenuto di mandorla amara: merita applausi (15,50 euro).

Livio Felluga Friulano Il Friulano Felluga ha il profumo dei Colli Orientali, l’eleganza del grande vino, la freschezza del vento (16 euro).

Torre Rosazza Friulano Un Cof Friulano con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Elegante, di buona persistenza al palato, di bouquet agrumato e di frutto (10,50 euro).

Ermacora Friulano Una firma autorevole in Friuli. Il suo Friulano Cof è immediato e robusto. Vino di spessore e di bouquet floreale (11 euro).

Vigne di Zamò 50 anni Una cantina d’eccellenza: e il Friulano Cof Vigne Cinquant’anni si conferma un bianco eccelso, molto fruttato e fresco (23,50 euro).

Bastianich Friulano Plus Un piccolo produttore di grandi bottiglie. Il suo Cof Friulano Plus ha sentori di miele e di frutta gialla. Armonico (26 euro).

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