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Allegrini 2024

Libero

Le sensazioni del sommelier ... La fatica della discesa libera e il fresco del Teroldego... Lo confesso: volevo diventare una grande sciatrice. Essendo vissuta in Sud America, la prima volta che ho visto la neve sono impazzita. Ero a casa mia in Abruzzo, quando ad un certo punto tiro su la testa e vedo cadere questi batuffoli bianchi. Io che per una vita avevo visto il sole salire come una palla rovente alle 5.45 del mattino e tuffarsi all’orizzonte non più tardi delle 18. Questo nuovo emisfero mi stava proprio piacendo! Con le amiche dell’università decisi di partire per la settimana bianca e di
iscrivermi subito alle lezioni di sci. Fu una tragedia. Parole come: peso a monte e sci a valle, ruota il bacino e non sederti sulle gambe! Le sognavo anche la notte, sentendo dolori in parti del corpo dove non pensavo neanche di avere dei muscoli! Insomma la neve mi piaceva, ma il desiderio di diventare un Tomba al femminile scemava ogni giorno. Fortunatamente c’erano altre attività: la Spa, le camminate in paese (mai capito quelli che passeggiano in centro con gli scarponi slacciati!), i bombardini sulle baite, e le cene nei masi. Incontro fatale in una di queste quando poi ci si butta giù con lo slittino. Prodotti tipici trentini, polenta con l’Asiago, camino acceso, maglioni di lana a collo alto con i treccioni. A tavola, il mio compagno di forchetta, che aveva il maglione più bello, mi riempie il bicchiere di coccio con del Teroldego Rotaliano. Non sapevo cosa fosse, il vino per me era ancora lontano. Era speziato, ricco di piccoli frutti rossi e neri di rovo, ginepro, e buccia di arancia, con un interessante finale vegetale. La sua freschezza in bocca, quella tannicità pregevole e gustosa mineralità, è stata la vera scoperta di quella vacanza. Ancora oggi il mio massimo è lo “spazza neve”, in compenso il Teroldego è entrato di prepotenza nella mia cantina.

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