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Libero

La veritas sul vino ... Crisi in bottiglia... C’è un fatto che spiega come il sistema vino Italia sia un gigante dai piedi d’argilla e per di più acefalo. È una balena spiaggiata, che ha smarrito la rotta, troppo pesante per riprendere il largo anche se da Oltreoceano arrivano dei primi timidissimi segnali che potrebbero far ritrovare la linea di galleggiamento al cetaceo delle botti. Pare che l’export sia ricominciato con un incremento a valore dell’11 % e il ritrovato nostro primato nelle quantità. Ma
non c’è da far festa. Il dato che deve far aprire una riflessione è che un settore che vale 14 miliardi di euro e ne fattura all’estero circa 4 non può essere lasciato in balia di chiunque. L’Assoenologi
aveva detto un mesetto fa: sarà una vendemmia ricchissima, supereremo di nuovo la Francia in
quantità e siamo i leader mondiali. Titoloni a tutta pagina, tiggi sviolinanti e l’intendence suivrà
per dirla con Napoleone. La frase fu pronunciata a Waterloo: altro dire non serve. A parte il fatto
che il settore del vino è l’unico nel quale la voce dei dipendenti (gli enologi) conta più di quella
delle aziende, la smentita è arrivata puntuale e clamorosa. L’Ismea certifica che la vendemmia
2010 sarà in calo per quantità (almeno l’uno per cento) e non è affatto eccezionale per qualità. A dare il quadro più esatto della situazione ci ha pensato Confagricoltura, la sola che si dia da fare per ridare dignità economica all’agricoltura e non farla essere uno show permanente della ruralità “molto pittoresca” , che ricorda: i prezzi delle uve sono non remunerativi e su quelle rosse la crisi è
pesantissima. Il ministro dell’agricoltura Galan ha recentemente affermato che non esiste la crisi, che le aziende devono smetterla di piangere salvo poi convocare un tavolo con le Doc piemontesi che saranno costrette alla distillazione obbligatoria per smaltire le eccedenze. E stando sempre sul fronte delle notizie non può passare sotto silenzio il fatto che la La Vis - terza cantina cooperativa del Trentino, tra le maggiori in Italia - stava per portare i libri in tribunale con un buco di oltre 80
milioni. Per soprammercato le cosiddette “Famiglie storiche dell’Amarone” hanno lanciato un manifesto dell’Amarone fatto ad arte in cui dicono: “L’Amarone è oggi minacciato dall’eccessiva produzione, che non tiene conto delle zone vocate e si adegua ai minimi dei parametri di legge con un conseguente abbassamento della soglia qualitativa e subisce azioni commerciali che rispondono spesso a logiche di basso prezzo, in canali distributivi di massa”. Più o meno le stesse cose che in questi giorni della settimana enologica si sentono ripetere a Montefalco, in Umbria, patria del Sagrantino. A queste contraddizioni si aggiunge la FIVi (federazione dei vignaioli indipendenti) che tuona contro i limiti imposti al consumo di vino e che dice: c’è stato un errore, si è associato il vino
all’alcol, ma i due stili di consumo sono cosa ben diversa e la campagna antialcol a finito per penalizzare il vino “incolpevole”. Questo è il quadro a cui fa da cornice il calo dei consumi (nell’alimentare si stima a fine anno una contrazione del 10 per cento) e mentre tutti si esaltano di tipicità (parola che nulla significa) si scopre che gli italiani mangiano sempre più surgelati, bevono sempre più birra e stano voltando le spalle a tutto ciò che è cibo (vino compreso) identitario. Allora una domanda. C’è qualcuno di buona volontà che voglia dare al vino italiano una e una sola voce autorevole? C’è qualcuno che voglia stringere un’alleanza produttori-consumatori per far sì che il vino e tutti i prodotti agricoli siano apprezzati per il loro valore (di salubrità, di identità, di piacevolezza) e pagati il giusto prezzo? C’è infine qualcuno che voglia fermare questo circo Barnum di feste, degustazioni, dichiarazioni, numeri sparati a caso e pigliare sul serio il peso economico della nostra vietienologia e della nostra agricoltura? Questo con un doppio scopo: tutelare un settore economico fondamentale, dare ai consumatori certezze e garanzie. L’antico adagio “In Vino Veritas” è anche il titolo di un libro di Kierkegaard che però ne scrisse anche un altro: La battaglia tra la vecchia e la nuova bottega del sapone. Chissà se il vino, se l’agricoltura italiani lo sanno.

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