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I vignaioli tra distillazioni di crisi e uva che crolla … La vendemmia 2010 tra poco entrerà nel vivo, ma, al di là delle consuete sterili e premature previsioni, l’evento fondamentale del comparto vitivinicolo non riesce a diventare l’occasione per focalizzare i reali problemi dell’intera filiera. E così, per esempio, i prezzi delle uve, già arrivati a livelli di guardia nella campagna 2009, potrebbero scendere ancora quest’anno, lasciando, evidentemente, più di qualche viticoltore con la certezza di un guadagno insufficiente anche solo per recuperare i costi sostenuti per la semplice conduzione del vigneto. Effetti di una crisi certamente globale e che necessariamente ha finito per colpire anche il mondo del vino, ma i cui esiti sembrano, per larga parte, dipendere dalla capacità dell’intero comparto di reagire a una vera e propria crisi di sovrapproduzione. E già sono stati presi alcuni provvedimenti di emergenza come la distillazione obbligatoria in Piemonte, come la chiusura degli albi viticoli di diverse Doc e Docg per tentare di contenere la sovrapproduzione. Resta sullo sfondo una domanda alla quale si cercherà una risposta in un prossimo convegno a Perugia: perché il vino non fa sistema? Certo, i dati della vendita di vino nel primo semestre 2010 sono molto incoraggianti, con una crescita finalmente tornata a sfiorare le due cifre (9% secondo i dati Istat). Ma resta ancora sul tappeto il problema che l’andamento positivo nelle vendite non riesce a raggiungere tutti i soggetti e le funzioni della filiera. La risposta positiva dei mercati, tuttavia, costituisce un saldo punto di partenza, in grado di sostenere se non una ripresa complessiva, almeno un inizio di risalita. Il merito della costruzione di questo primo e fondamentale gradino va ascritto completamente alla caparbietà degli imprenditori del vino italiano, che, in un momento di difficoltà forse mai prima sperimentato, sono tornati con umiltà e sacrificio a “riprendere” la valigia in mano e a concentrarsi sui mercati esteri, dove il vino italiano ha mantenuto costante il suo appeal. Un lavoro, però, troppo spesso legato alle iniziative dei singoli produttori e non ancora supportato da una rete solida e convincente di piani operativi unitari e coerenti, magari in grado di creare sinergie tra pubblico e privato e capaci di trasformare le notevoli risorse economiche della Comunità europea in occasioni di effettiva penetrazione sui mercati internazionali. Focolai di crisi seria continuano, purtroppo, a “covare” anche in questo momento, in cui tutti ci auguriamo che la vendemmia 2010 possa essere un’ottima raccolta. E’ il caso del Piemonte, per il quale lo stesso Ministro per le Politiche Agricole, Giancarlo Galan, dopo dichiarazioni ottimistiche, è stato costretto a richiedere una distillazione di crisi straordinaria per Barbera, Dolcetto e Brachetto. Ricette miracolose non esistono. Esiste, però, la concreta possibilità di riuscire finalmente, proprio perché siamo in un momento particolarmente delicato e, da questo punto di vista, più favorevole per individuare quello che non va, a mettere insieme in modo costruttivo il “saper fare” delle imprese con le risorse messe a disposizione delle istituzioni, cercando, questa volta, di non disperderle in mille rivoli ma di convogliarle in progetti unitari e su larga scala, per aggredire di più e meglio i mercati. Il livello della concorrenza è ormai altissimo anche nel mercato del vino e bisogna essere bravi a conquistare (e, soprattutto, a mantenere) piazze e clienti. Ogni vantaggio competitivo - e il vino made in Italy ne possiede parecchi - va usato con grande slancio ed energia. Quello che certamente non va fatto è nascondersi dietro rendite di posizione e preoccuparsi più di una concorrenza “di campanile”, piuttosto che di quella globale.

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