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Libero

Un mare di bollicine tra i colli dell’Oltrepò ... Spumante, Moscato e Bonarda: ai piedi dell’Appennino un giacimento di vini indimenticabili... Quel giacimento del Pinot Nero che spuma tra i colli dell’Oltrepò... Il casello di Broni è appena alle spalle. La piattezza della valle Padana comincia ad incresparsi di dolcissimi rilievi. Poi d’improvviso una torre merlata, più avanti una pieve e i primi boschi. Comincia da qui un viaggio nell’eccellenza che ha faticato - com’è strano il mondo del vino così condizionato dai punteggi, dalle chiacchiere, dallo “show biz” - a farsi riconoscere come tale. E pensare che c’è una storia enologica affascinante a tenere insieme queste terre di confine, anche mentale, e c’è soprattutto una grande Storia. Che forse serve un po’ a spiegare come ancor oggi durino le fazioni. Qui era tutto ghibellino, in gran dispetto a Tortona e Piacenza guelfe che più e più volte hanno provato a sottomettere il triangolo magico per natura, per cultura, per patrimonio d’arte, per fatica agricola e sapienza vinicola che va sotto il nome di Oltrepò e che s’incunea tra Piemonte ed Emilia e lambisce
dalla riva del grande fiume la Liguria. È Lombardia certo, ma un’altra Lombardia. Milano è a due passi, ma qui sembra di stare piuttosto in Borgogna. Va scritto - mi dicono - con l’accento, io lascerei perdere. Mi pare che a queste colline s’addica più una pronuncia liquida. È vero lassù al
confine verso la Liguria i monti s’inerpicano d’improvviso e arrivi ad altezze considerevoli tra il Chiappo e il Lesima. Ma il resto è una leggera ascesa da Nord verso Sud dalla piattezza padana alla collina d’incanto. È qui che si produce più vino che in tutto il resto della Lombardia, è qui che con oltre duemila ettari vitati a Pinot Nero l’Italia ha la sua Borgogna. È qui che nascono alcuni dei più esclusivi, affascinanti spumanti che si fregiano della Docg. Ma l’Oltrepò - anche se non pare, tanto armonico è il suo profilo - è comunque terra di contrasti. Anche nel vino. Ché accanto a queste aristocratiche bottiglie che stanno sui lieviti tra i due e i tre anni, che hanno tutte per base il Pinot Nero secondo un’intuizione che risale al 1870, a Domenico Mazza che da Codevilla cominciò a fare lo Champagne Oltrepò, ci sono vini assai popolari come la Bonarda e la Barbera che dissetano il grande ventre di Milano da sempre, come il Sangue di Giuda e il Buttafuoco popolarissimi, ma fati a posta per sposarsi con i salami di Varzi, con i formaggi di Casteggio, con questa cucina che oscilla tra pisarei e fasò e risotto, tra tartufi e tartare e voglia di pescato. Per non dire poi dei bianchi: dal
Riesling che qui ha trovato nuovo slancio, al Pinot Grigio necessario complemento al suo più nobile parente in rosso, fino agli chardonnay che hanno dato buon esito soprattutto sul versante nord
occidentale. Spetta però al Pinot Nero, e agli spumanti ottenuti da questa uva aristocratica e bizzarra, difficilissima da coltivare, ma immensa quando ha le annate giuste l’aver dato all’Oltrepò notorietà enoica che resta, a parere mio e soprattutto dopo queste ultime degustazioni, sottostimata. C’è però molto di nuovo in questo antico territorio. Intanto si è scoperto che rendere omaggio a gente come Riccadonna che per primo portò in giro per il mondo con la Svc (Società vinicola di
Casteggio) queste bottiglie non è affatto una diminuzio. Poi che fare sistema è meglio che guardarsi in cagnesco magari al riparo delle torri dei tanti castelli (alcuni sono bellissimi) che punteggiano questi colli. È nata così l’associazione Pinò Club che tiene insieme i maggiori e storici produttori
dell’Oltrepò: La Versa, la Tenuta Il Bosco, Tenuta Mazzolino, Frecciarossa, la Marchese Adorno e la Conte Vistarino, e che porta in giro per il mondo l’orgoglio di questi spumanti. Infine si è messo
mano ai disciplinari per renderli ancora più stringenti e oggi accanto alla Docg c’è un altro esclusivissimo marchio: il Cruasè. Si poteva fare di meglio col lessico (la parola nasce da una crasi tra cru e rosè), ma certo lo scopo è mobilissimo e azzeccato: connotare gli spumanti rosè Docg a
base pinot nero (minimo 85%). E questo perché il mercato delle bollicine in rosa è in continua crescita a dispetto della crisi. Ma anche i disciplinari delle altre Doc (sono tante in questa terra di 330 chilometri quadrati coperta per migliaia di ettari di vigne) sono stati resi più stringenti e ne è nata una nuova: la Doc Casteggio. Certo la “casalinga di Voghera” che Alberto Arbasino si picca d’avere creato, non è molto addentro a queste cose, ma se assaggia uno spumante metodo classico dell’Oltrepò, dunque di casa sua, capisce in fretta. Mi racconta Gianni Zonin che è veneto ma che qui a Zenevredo ha una delle sue tenute gioiello che “L’Oltrepò è in grande crescita, si sta ritrovando come territorio unito e sta facendo qualità. Non solo con lo spumante ma anche con la Bonarda e con la Barbera e anche per i bianchi ci sono buone prospettive”. Già la Bonarda. Che gran vino (anche quello che frizza e che non ha pretese ma dà allegria) quando la Croatina è ben matura e come ben si sposa con la cucina pavese. E la Barbera? È il segno dell’influsso piemontese su queste terre (così come la Bonarda è di quello piacentino), ma qui viene più gentile, ha un fruttato più accentuato rispetto alla sua sorella savoiarda. Per averne piena contezza basta stappare una bottiglia del Casello di Cicognola. E non perché sia di Gian Marco Moratti, e dunque anche del Sindaco di Milano, ma proprio perché è un vino affascinante. Come il contesto che lo genera, come questo castello bellissimo che narra la storia delle terre viscontee e sforzesche, ma che ebbero la scintilla da Bobbio e da quell’abbazia di San Colombano (ora è terra piacentina) che resta un emblema. E ditemi se non è una terra felice quella dove puoi cantare Barbara e Champagne come il grande Giorgio Gaber sapendo che con un bicchiere passano i dolori. E tutto nella stessa cantina, nella stessa vigna. Si dice che i grandi vini nascono solo da grandi territori. Basta che io segua il mio itinerario che da Broni mi porta a Zenevredo e poi a Stradella, e ancora a Casteggio, a Canneto Pavese poi a Montù Beccarla e ancora in un continuo saliscendi verso Rovescala, a Santa Maria della Versa e poi davvero a Voghera e infine a Pavia, bellissima, per capirlo. Basta farsi cullare dallo scorrere delle acque dei fiumi (sono ben quattro) o fermarsi a ragionare nelle osterie, basta incantarsi davanti ai castelli come Castana, Montalto, Pietra de’ Giorgi, Montecalvo Versaggia per ritrovare, tra i giacimenti di pinot nero, l’armonia assoluta di questi vini. Vini di frontiera.


Le bottiglie

Tenuta Il Bosco Oltrenero. Blanc de noir, da Pinot Nero in purezza con lunga permanenza sui lieviti. Spumante di classe con un perlage finissimo. Elegante (euro 20).

Ca’ Di Frara Il Classico. Brut di buona potenza olfattiva con sentori di frutta secca e lieviti. Perlage fine. Chiude con incantevoli ricordi di frutta gialla (euro 16).

Conte Vistarino Nero Brut. Pinot Nero quasi in purezza per uno spumante leggermente agrumato all’olfatto con spuma cremosa e croccante (euro 20).

La Versa Testarossa. Forse la massima espressione dell’Oltrepò spumante. Pinot Nero in purezza ha spuma elegantissima, al naso ricordi di frutta secca (euro 38).

Le Fracce Cuveé Bussolera. Note molto agrumate soprattutto al palato dove si presenta fresco ed elegante. Perlage ben sostenuto. Al naso si avvertono i lieviti. Finale lungo (euro 11).

Travaglino Cuveé 59. Chardonnay al 20% per dare polpa a una base Pinot Noir molto austera. È carnoso, pieno con ricordi di frutta gialla. La spuma è finissima. Ottima bottiglia (euro 22).


Bonarda

Tenuta Il Bosco. Teodote Bonarda Croatina in purezza per un rosso territoriale con
ricordi di viola al naso. Palato molto armonico Prezzo: 8,50 euro.

Agnes Millennium. Bonarda con presenza di tannini e con un olfatto però molto fruttato.
Al palato il vino è pieno e armonico Prezzo: 13,50 euro.

Fattoria Cabanon Bonarda Boiseé. È una Bonarda che si avvale di uvaggio tradizionale. Al
naso è accattivante con note dolci, al palato elegante (euro 15).

Isimbarda Vigna delle More. Come il nome conferma: fruttato al naso, gentile al palato con buona presenza tannica Finale sostenuto (euro 9).


Barbera

Castello di Cigognola. Una delle migliori espressioni del Barbera in Italia. Elgante e di
buona struttura, è fresco e pieno. Un vino decisamente di classe (euro 21).

Frecciarossa Le Praielle. Note di frutta rossa, sottofondo dolce, corpo ben equilibrato e
presente. Un Barbera dal tratto sicuramente gentile e nobile (euro 9).

Olmo Antico. Naso fruttato di visciole e lamponi, palato importante e armonico con finale
molto sostenuto. Elegante (euro 25).

Mazzolino Pinot Noir. Non è una Barbera ma una delle bottiglie di rosso più rappresentative dell’Oltrepò. Vino di gran classe. (euro 35).

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