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Libero

L’itinerario del gusto dalle donne del vino il riscatto della Sicilia… Quando la terra si tinge di rosa… … Quelle baccanti dee di Sicilia sono vere ambasciatrici del buono … Le donne che producono vino a sud di Messina chiedono pari dignità con l’industria… Le hanno incoronate ieri a Roma: ambasciatrici della Sicilia. Hanno affidato nelle loro mani il valore di una terra antica, hanno poggiato sui loro cuori il sentimento universale del buono e del bello, hanno chiesto al loro fascino di fare di questa terra che fu chiamata Enotria un nuovo Eden della buona vite e della buona vita. L’idea - partita dall’Istituto regionale della vite e del vino della Regione Sicilia presieduto da Leonardo Agueci - è quella di dare un nuovo valore alla ruralità di qualità dell’isola dei Gattopardi. Ma è anche la sanzione che oggi la Sicilia che produce, che produce qualità, che si è conquistata di nuovo un posto al sole nel mondo è nella mani delle donne. È successo tutto in una giornata memorabile. Cominciata al mattino presto al ministero delle politiche agricole quando le ventisei donne del vino di Scilla hanno incontrato il ministro Galan per celebrare la “Giornata Mondiale della Donna Rurale “e per la consegna del premio “De@ Terra per un futuro sostenibile con le donne rurali”. Un segno dei tempi? SI. Anzi meglio un segno della nostra attualità. Perché ormai si fa strada l’idea che il futuro ci sarà se si ritorna ad uno sviluppo armonico, equilibrato. In qualche modo se ci si richiama alla Dea Madre, alla Mater Matuta a quella primigenia civiltà mediterranea che ha in Sicilia la sua terra promessa. Da ieri, grazie all’impegno dell’Irv e delle 26 donne del vino che hanno ricevuto un rametto di corallo da Leonardo Agueci come premio della Dea Terra, anche promossa. Perché la giornata romana della Sicilia in vigna al femminile è perseguita con un incontro a Palazzo Ruggeri con la ristorazione capitolina (si cerca anche di fare mercato) e con un talk show in uno dei più suggestivi luoghi di Roma, la terrazza Civita di pizza Venezia, dove passione e orgoglio, determinazione e intelletto delle imprenditrici agricole si sono squadernate in tutta la loro forza rivoluzionaria. Che cosa c’è di eversivo in tutto questo? Semplicemente tutto. Le donne del vino siciliane hanno rivendicato un ruolo di nutrici dello sviluppo, hanno mostrato e dimostrato che la nostra dissennata contemporaneità è un tempo cinico (per dirla con Oscar Wilde conosciamo il prezzo di tutto il valore di niente) che non si addice al passo delle donne che incarnano la terra, che la sudano, che la accudiscono. Da questa giornata è emerso che un nuovo modello di sviluppo è possibile integrando valore rurale con fruizione turistica, rilanciando il valore dell’identità, coniugando ricerca (come quelle che fa incessantemente l’Irv sulla microbiologia del vino, sulle viti, sui suoli) e intelletto attraverso quella lingua universale che è la passione. Chi ha pensato ad una Sicilia industrializzata forzatamente o a una Sicilia assistita con il posto pubblico che diventa poi una sorta di mezzadria verso i potente di turno, ha oggi una contestazione nei fatti. Nelle parole e nei gesti di queste donne che chiedono pari dignità all’agricoltura e promettono che dalle loro vigne possono arrivare occupazione, prosperità e soprattutto libertà di intrapresa. Sembra una sorta di nemesi. Ma come la Sicilia del latifondo e del servaggio, la Sicilia dove la Mafia nacque come alternativa al potere statuale esercitata dagli agrari giura che il suo sviluppo nuovo, armonico e libero ani-vera dalla terra?. SI è così ed è bello crederlo, ed anche efficace. Perché ieri a Roma nella serata di gala officiata da Natale Giunta e dall’Ais si sono sentiti i profumi buoni di una terra buonissima. La interpretano secondo i diversi territori queste vignaiole: Enza La Fauci per Tenuta Enza La Fauci, Nancy Astone per Cambria, Flora Mondello per Gaglio Vignaioli dal 1910 Laura Savoca per Tenute Gigliotto, Paola Lantieri per Punta dell’Ufala, Carmella Pupillo per Pupillo, Carmela Di Bella per Icone Italian Wines e Francesca Cur-to per Curto Antica Azienda Agraria, Arianna Occhipinti per Occhipinti e Gaetana Jacono per Valle dell’Acate. Sono queste le donne che vengono dal messinese. Più nutrita la pattuglia etnea dove Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, ma anche una certa ripresa di produzione spumantistica, sono la nuova frontiera del vino siciliano. Da D arrivano: Mariangela Cambria per Cottanera, Silvia Maestrelli per Tenuta di Fessina, Margherita Platania per Feudo Cavaliere e Alice Bonaccorsi per Val Cerasa; Carolina Cucurullo per Masseria del Feudo, Marilena Barbera per Cantine Barbera e Francesca Pianeta per Pianeta; Vinzia di Gaetano per Firriato, e Lilly Fazio per Fazio Casa Vinicola in Erice, da Caterina Tumbarello per Cantine Pellegrino, Silvana Conte per Alambicco di Sicilia e Annamaria e Clara Sala per Tenuta Gorghi Tondi. Da terre antiche come quelle di Segesta e dall’isola del vento Pantelleria sono state chiamate a rappresentare la Sicilia Francesca Tonnino per Tonnino, Stefania Lena per Fatascià e Rita Russo per Limonio Josè Rallo per Donnafugata, Mirella Tamburello per Tamburello. C’è in questo lungo elenco di donne del vino tutta la stupefacente meraviglia della Sicilia. È come un tour nell’eterno femminino ma anche nell’eterno bello che si riflette nei vini siciliani. Ma c’è qualcosa che sfuma nel mito. Con Euripide - memorabile una rappresentazione a Siracusa di questa che è forse la più siciliane delle tragedie classiche - potremmo richiamarci alle Baccanti. SI queste donne hanno la forza della deità che deriva loro dalla forza di questa loro terra. Non a caso il ministro Galan incontrandole ha sottolineato: “Accolgo con piacere queste iniziative che ci avvicinano ai territori del sud meravigliosa espressione dell’Italia agricola e rurale, in cui operano donne capaci, che ogni giorno affrontano le condizioni di difficoltà in cui spesso sono costrette ad operare”. Ecco questo può essere il senso del perché la Sicilia si affida alle sue donne del vino per creare un’ immagine positiva dei suoi vini. Perché è la forza interiore delle donne che serve oggi a ricostruire la catena del valore che è fatta da terra-passione-lavoro-tecnologia-vino. Una svolta che alla Sicilia è già valsa l’apprezzamento di Robert Parker (uno dei critici più potenti al mondo) che ha indicato proprio nella Sicilia la nuova frontiera della qualità assoluta del vino. Parker non ha fatto altro che accorgersi con anni e anni di ritardo del valore di questa terra un valore che Giacomo Tachis ha messo nero su bianco venti anni fa quando ha sentenziato: “Questa è stata la culla del vino e il vino ha bisogno della sua madre terra per essere vero e non solo buono”. Ma oggi quel vino è anche valore economico e valore di prospettiva. Che sia Nero d’Avola o Nerello Mascalese, Moscato d’Alessandra o Grillo, Marsala o Cerasuolo di Vittoria il vino siciliano anche in forza di un invidiabile rapporto prezzo qualità si appresta a conquistare di nuovo il mondo. E stavolta da protagonista. Puntando su di una ripresa che è indubbiamente femminile. Ancora una volta Dioniso si affida alle sue vestali: le Baccanti.

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