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Libero

Se il vino rende più dell’oro … Il vino come investimento rende più dell’oro. Non è una battuta ma
emerge dall’autorevole Liv-Ex Fine Wine Exchange, l’indice che misura la redditività degli investimenti sui grandi vini. I premier cru di Bordeaux, perché questo tipo di investimento ruota soprattutto attorno ai grandi vini francesi, anche se in questo indice non mancano le magnifiche etichette italiane (le toscane Sassicaia della Tenuta San Guido, Masseto e Ornellaia della Tenuta
dell’Ornellaia, Solaia della Marchesui Antinori e la piemontese Gaja) avrebbero fatto registrare una
crescita in valore, nel 2010, pari al 57%, superando la redditività di oro (35%), petrolio (20%) e dei principali indici azionari S&P 500 e Ftse 100, fermi rispettivamente al 13% e all’11%. Un risultato senz’altro importante per il mondo del vino, ma che dovrebbe altrettanto far riflettere. Soprattutto
dal punto di vista della effettiva consistenza, almeno in termini di spendibilità, di questo tipo di investimento alternativo. L’investimento in vini da collezione non è, infatti, un affare per tutti: si tratta di una diversificazione degli investimenti in un “asset class” decisamente particolare. Bisogna
conoscere bene quali sono le bottiglie su cui puntare, veri e propri piccoli “tesori” che costruiscono il loro valore sulla loro rarità, sull’annata di particolare pregio e sulla domanda elevata. Naturalmente, essenziale, la capacità di vendere e comprare al momento giusto. Per questo esistono società i cui compratori non comprano per passione, ma soltanto puntando alle bottiglie che danno guadagni elevati in tempi anche relativamente brevi. Chi investe nelle cosiddette “blue chips” del vino, spesso le bottiglie neppure le vede perché si rivolge all’intermediario specializzato. Esistono anche fondi di investimento specializzato come il Vintage Wine Fund, con sede alle Cayman e portafoglio prevalentemente basato sui vini di Bordeaux. C’è qualcosa anche in Italia come il Noble Crus, Specialiste Investiment Fund, di diritto lussemburghese, la cui soglia minima di ingresso è di 125.000 euro e punta a investitori istituzionali, oppure la Winecapital, società per azioni (con sede a Milano). Un mercato azionario alternativo, quindi, da tenere d’occhio, ma difficile che possa essere in grado di sostituire gli investimenti classici, specialmente in un periodo come questo, dove
la crisi finanziaria planetaria non pare abbia cessato di mordere. Una conferma che arriva da Renzo Cotarella direttore generale della Antinori: “Siamo contenti di essere tra le aziende monitorate dal Liv-Ex con il Solaia, anche se il valore del vino per noi coincide con il piacere di berlo. Lasciamo che un investimento sicuro continui ad essere il mattone”.

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