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Libero

Elogio dell’autenticità nella padella di Paolo … Qui nel buen retiro dei Papi la cucina diventa vero godimento Tra sacro rispetto degli ingredienti e profane emozioni di gusto … Non so dire perché i Castelli romani si portino appresso una vulgata che li fa immaginare caserecci. Insomma un po’ un tanto al chilo. Invece hanno, e Frascati in particolare, charme da vendere: basta rimirare il parco di villa Lancellotti (fu sede della comunità di San Filippo Neri, è privata oggi) per respirarlo. Basta affacciarsi dal belvedere di Frascati per straniarsi di fronte alla sky line di Roma, basta godere le dimore che furono il buen retiro di cardinali e Papi per sentire che vi è un’aristocrazia percepibile. È però vero che Frascati mantiene anche un’allure di popolo. Ecco a me pare che varcare la porticina dei Cacciani aprendosi poi le grandi sale di questo che resta un caposaldo della grande cucina di territorio e godere nella bella stagione della terrazza da dove tra sbuffi di olivi, ordinati vigneti di uno dei migliori terroir di vini bianchi, eleganti architetture faccia percepire tutte le suggestioni del paesaggio e sia partecipare di questa doppia natura: di popolo e di noblesse in una sorta di aristocrazia rurale gastronomica. Perpetuano i tre fratelli Cacciani (hanno anche un delizioso albergo) una tradizione di famiglia che dura dagli anni Venti e si approvvigionano delle loro succulente materie prime dalla tenuta di famiglia da cui arrivano le verdure, gli oli, le carni di bassa corte mentre la selezione privata dei vini è fatta da Paola Di Mauro, eccelsa vignaiola laziale. Se Leo si dà da fare tra sala, cucina e cantina, se Caterina è una perfetta ospite, lasciatemi dire che la sapienza gastronomica di Paolo Cacciani è superlativa. I suoi piatti sono una sorta di sincretismo tra sacro rispetto dell’ingrediente (e pure della tradizione ancorché interpretata con misurata vena creativa e corroborata da nuova levità) e profano godimento del palato. Potete approfittare del menù del mezzogiorno dal martedì al venerdì con spesa modesta, oppure del sontuoso menù degustazione. Sappiate che qui si fa vera cultura gastronomica con dei corsi di cucina ad hoc, ma soprattutto si fa sensoriale rappresentanza del meglio del Lazio. Dunque un luogo del piacere gastronomico dove l’identità, unita alla qualità, è il primo ingrediente. A esaltare questa cifra ci sono gli arredi del ristorante: sobri, di modernariato, c’è la ricerca della perfezione nell’ospitalità con eleganza, ma senza affettazione. L’ennesima volta che ci sono tornato non mi sono sottratto ai mustdi Paolo: il cacio e pepe, la padellata del pastore (l’agnello in ogni sua forma) il carciofo alla giudia, la freschissima insalata Paride (con carne fredda, misticanza e scaglie di Pecorino) il gran fritto vegetale. Anche le proposte di mare sono accattivanti, così come i classicissimi carbonara, fettuccine del buon ricordo, spezzatino di vitella. Non si possono trascurare né i dolci, né la selezione di salumi (con le focaccine calde e i fichi sono un giulebbe) e di formaggi. La cantina è ampia e armoniosa, ma si beve benissimo anche a bicchiere

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