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Libero

Il futuro dei grandi vini è nella loro anima verde ... Al salone di Verona va in scena la vera natura del nettare di Bacco. Basta furbizie, ora si fa sul serio... Vinitaly... E la nave va... Principia col racconto di un’iniziativa immaginifica e molto molto radical chic il nuovo del vino italiano che a dir la verità tanto nuovo non è visto da questo Vinitaly che prosegue tra i cronici ingorghi di traffico, l’inefficienza complessiva del quartiere fieristico, la mancanza di parcheggi, con una pressione di pubblico a dir poco impressionate e con auspici di buon business che si sentono sussurrare. In fin dei conti nel 2010 per le cantine italiane non è andata
male. E il 2011 si annuncia anche meglio. È vero che in Italia ormai nessuno beve, ma per fortuna ci
soni gli americani. E anche i russi, e perfino i tedeschi. E la nave va. Anche quella di Oscar Farinetti
che in fatto di comunicazione e di furbizie di marketing ha poco da imparare e forse avrebbe qualcosa da insegnare. Mette su un equipaggio di pensosi volenterosi e va alla ricerca del marino: il vento che, come dicono i fini gourmet, consente la maturazione dei gioielli della nostra enogastronomia. Al timone della barca che guarda caso parte da Genova il 25 aprile dove Farinetti apre uno dei suoi supermercati di lusso e arriva a NewYork dove Farinetti ha aperto Eataly in quattro tappe Palma, Gibilterra, Madeira, c’è un grande della vela, il solo che abbia titolo a navigare: Giovanni Soldini. Un cognome che piace a molti dell’equipaggio. Armatore compreso. Ora uno che è nato in mezzo alle Langhe cosa ci faccia in mezzo al mare non è dato sapere. Così si porta dietro equipaggi mutevoli di tappa in tappa con cuochi che cucinano e maitres che pensano per consegnare all’ambasciatore italiano sette proposte per salvare l’Italia. A cogitare attorno a sette pensieri capitali che a leggerli sembra di ascoltare la sagra dell’ovvio (meno politici più politica, come si fa in famiglia, chiedere per stimolare, smettiamola di giocare alla guerra, investiamo sulle nostre vocazioni, per la qualità della vita, meno leggi più disciplina, meno Chiesa e più Gesù) ci sono da Baricco a Illy, da Matteo Marzotto a Odifreddi e a Scurtati, da Faletti alla Lella Costa. Sia detto per inciso questo nobile intento è corredato con cartella stampa degli sponsor e delle aziende di Farinetti. Racconto questa storia per far capire come ormai il vino sia il veicolo per ogni furbizia. Ma questo andazzo non ha aiutato di un’anticchia il mercato a crescere. Anzi. In Italia le cose vanno malissimo. Lo dice una ricerca dello stesso Vinitaly che ha fotografato gli italiani a bicchiere. Ormai tutti i giorni beve solo il 40% degli italiani, il 28% un paio
di volte alla settimana e il ristorante e l’enoteca vengono frequentati solo occasionalmente. Metà
degli italiani dichiara di non capire un’acca di vino. Stando così le cose - con il consumo precipitato
sotto i 40 litri a testa - gli esperti consigliano ai produttori di ascoltare i bisogni dei consumatori, di proporre vini più leggeri, più autentici, più legati al territorio e di investire soldi in pubblicità.
Come dire: se volete che la nave vada mettetevi voi al timone della vostra barca. Così fotografato
il settore si spigola al Vinitaly alla ricerca di qualche argomento nuovo. Ed emerge con prepotenza carsica il dato “green”. Sapete quale potrebbe essere il vino vincente? Quello verde. Non solo biologico, ma pensato naturalmente, prodotto naturalmente
all’interno di un modello di sviluppo che sia compatibile. È la cosiddetta green economy che irrompe tra gli stand del Vinitaly, che in America dove continuiamo a vendere gran parte del nostro vino, è ormai indispensabile quasi come il visto per varcare la frontiera. Insomma piuttosto che alle mode oggi il mercato complessivamente guarda al modo. Al modo di produrre - magari dichiarando che si riducono le emissioni di Co2, che si usano
energie alternative, che si rispetta l’ambiente - e proporre magari raccontando se se stessi e il proprio prodotto, l’abbinamento possibile al cibo, abbassando i gradi, la concentrazione e immettendo più autenticità e riconoscibilità - ma soprattutto stilando un patto di reciproca fiducia
tra chi produce e chi consuma. Questi sembrano essere i dettami del nuovo vino che è sempre più bianco, sempre più spumante, sempre più fresco e naturale. Oddio non è che i grandi rossi siano al tramonto: al contrario. Ma si vendono solo le bottiglie con l’anima. Stai a vedere che la crisi ha avuto almeno un effetto benefico: sta facendo piazza pulita dei furbi. Ma anche delle furbate del circo Barnum che ancora gira attorno al vino e che ha alzato le vele o se preferite ha piantato le
tende al Vinitaly. Forse per l’ultima volta visto che Fieraverona dal prossimo anno la fiera la farà dalla domenica al mercoledì per darle maggiore concretezza - e il presidente Ettore Riello è stato drastico nel definire il Vinitaly un servizio per le imprese - e favorire i rapporti commerciali piuttosto che le parate. Se infatti c’è un tratto vero in questo Vinitaly è quello della richiesta di concretezza da parte dei produttori, che l’hanno chiesta soprattutto ai politici. Per una singolare coincidenza nella giornata inaugurale della Fiera - giovedì - c’erano tre ministri dell’agricoltura. Luca Zaia, che ora governa il Veneto, l’ex governatore del Veneto Galan che ora si occupa di Beni Culturali passando per l’Agricoltura e l’attuale titolare del dicastero agricolo: Saverio Romano. Che ha ancora da prendere in mano le cose (ha fatto una gaffe sui pomodori, cose che capitano ai neofiti) ma sul vino è apparso preparato. Ha detto tre cose: il vino è un valore al quale l’Italia non vuole e non può rinunciare, ci batteremo contro la liberalizzazione dei vigneti, l’Ogm in Italia non passerà. E sulla questione verde si è beccato un rimbrotto da Galan che ha fatto capire: io all’Ogm, magari in via sperimentale avrei detto sì. Ma Luca Zaia ha rincarato la dose: in campagna niente scherzi. E poi Zaia - da governatore del Veneto - si è lanciato nella difesa del vino, prima di tutto del suo. “Il vino è il marchio di eccellenza della nostra cultura identitaria e racconta la storia del nostro territorio. Quale sede migliore di Vinitaly per farlo scendere dal banco degli
imputati sul quale è stato messo ingiustamente? Non abusiamo dell’alcol ma assaporiamo un
prodotto identitario che in Veneto trova la sua espressione più alta”. E intanto la barca va.

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