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Libero

Il grande ritorno del bianco. È il Friulano il vino al top ... Il Friuli-Venezia Giulia guida il mercato con il suo “frutto” più autentico. Un’alleanza Regione-produttori per riconquistare i consumatori italiani... Rivoluzione del gusto... Finalmente! Mi viene da dire così considerando per quanti anni
ci siamo dovuti sorbire i vini da falegnameria, quelli che sapevano solo di legno, e da profumeria,
quelli di cui non capisci nulla: che vitigni sono, da dove vengono a quale cibo abbinarli. Credo sia un effetto della crisi che ha indotto i consumatori a ponderare le proprie scelte, a cercare l’autenticità in ogni acquisto. È il riscatto dei grandi vini: quelli che hanno un’anima. Si torna a bere bianco, lo certifica l’Assoenologi che ha scoperto una prevalenza di questa tipologia. Lo sussurrano anche i vivaisti che vedono calare le richieste dei soliti internazionali in rosso - che piacciono
tanto a chi al vino chiede apparenza e non sostanza - e s’incrementano le barbatelle di bianchi
autoctoni. Il bianco piace perché è fresco, è espressivo, è comprensibile. A guidare questo rinascimento in bianco è un vino straordinario: il Friulano. Mi viene una gran voglia di chiamarlo ancora Tocai. Sono affezionato a quel vino autentico, che mi parla di una terra meravigliosa: il Friuli Venezia Giulia. Si sa come è andata quella famosa storia della guerra del Tokaj: gli ungheresi
hanno preteso la privativa del nome. E i furlogiuliani sono stati bravissimi a trasformare una
possibile disgrazia - come si fa a cambiare nome ad un vino che ti appartiene per tradizione e a un vitigno che è tuo intimamente senza avere un magone che è prima che commerciale sentimentale? - in una notevole opportunità. Oggi il Friulano è il bianco al top. Anche perchè ha un rapporto
prezzo-qualità equilibratissimo. E si può dire che finalmente il Friuli Venezia Giulia, terra plurima di paesaggi e di usi, abbia trovato una sintesi del suo “meltin pot” enologico e antropico proprio nel Friulano. Questo bianco che sa di mandorla e di acacia, fresco e di buona struttura è un emblema del secondo rinascimento enologico italiano. Merito dei produttori sicuramente che ci hanno puntato senza indugi incrementando la qualità in modo tumultuoso - appena dieci anni fa il vecchio Tocai era il vino del “tai” dell’aperitivo senza pretese, oggi che è il Friulano è vino di gran classe - ma merito stavolta anche di un sistema che ha funzionato: l’alleanza pubblico privata che ha nell’Ersa (l’istituto regionale per l’agricoltura) la cabina di regia promozionale e non solo. E oggi i produttori del Friuli Venezia Giulia, che hanno nei mercati di lingua tedesca il loro maggior bacino, puntano con decisione sul mercato italiano. Il Friulano è tra i bianchi quello che ha avuto le migliori performances proprio sul mercato interno nonostante la vistosa (e per certi versi preoccupante) flessione dei consumi. Il segreto sta nel fatto che Collio, Colli Orientali, Grave, Aquileia esprimono vini diversi dove si sente il terroir. Più fini quelli del Collio, più rotondi quelli del Cof, più minerali quelli delle Gravi, più freschi quelli di Aquileia e di Latisana e della pianura pordenonese. Quasi che si possa fare con il Friulano una scala di tonalità che però poi diventa sintesi nell’armonia del territorio. Perchè un altro segreto di questo bianco sta nel fatto che il Friuli Venezia Giulia sta cercando di legare sempre di più l’immagine e la qualità dei suoi vini all’immagine e alla qualità della sua terra. Così il Friulano diventa un vino bandiera e un sorso di sogno.

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