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Libero

Pallanti: siamo devoti a San Giovese ... Il presidente del Consorzio... “Passami la battuta: è vero siamo devoti a San Giovese”. Chi parla è Marco Pallanti, grande enologo e artefice nella sua azienda Castello di Ama di alcuni dei più eleganti vini del mondo, ma ora anche presidente del Consorzio del Chianti Classico. E alla testa dei produttori ha guidato i due nuovi anni felici del principe dei vini di Toscana. “Il merito sai qual è? Aver capito che bisogna conoscere bene l’enologia per poterne fare a meno”. Oh bella, e in che senso? “Nel senso che finalmente il Chianti Classico ha ritrovato la sua fisionomia: il suo profilo starei per dire ricasoliamo. Tramontata l’epoca dei vini grossi, spessi e marmellatosi abbiamo finalmente riscoperto il fascino del Sangiovese. Questo non significa fare i vini come una volta, ma significa creare con la tecnologia moderna vini
che hanno la personalità del loro territorio. È una scelta che come indicano tutti i dati di mercato
ci ha premiato. Diciamo che in Chianti siamo stati bravi a sentire che il gusto dei consumatori
evolveva verso vini di maggiore personalità. E noi ci siamo ritrovati con il nostro santo protettore”.
Resta però una disomogeneità qualitativa... “Questo è in parte vero e in parte inevitabile in un territorio di oltre settemila ettari di vigne che non ha sottozone. Però è anche vero che ad ogni
livello qualitativo corrisponde un certo livello di prezzo e dunque il Chianti senza snaturare la
propria identità è un vino multitarget. E poi lasciami fare una considerazione: non c’è nel mondo un vino che abbia il nostro rapporto qualità prezzo. Parlo di vini con un’anima, che
raccontano la terra, non i vini bibita”. E l’enologia che c’entra? “C’entra nel senso che negli anni ’80 e ’90 c’era questa ubriacatura da tecnologia di cui eravamo digiuni in Chianti. Tutti si
affannavano a fare i vini piacioni. Ora che abbiamo imparato bene a fare il vino siamo tornati con successo a fare il nostro vero vino. Che è un vino naturale, che è un vino espressione della nostra meravigliosa ruralità”. E il Consorzio in tutto questo che ruolo ha avuto? “Beh direi che ha ripigliato la sua centralità ed oggi è capace di tenere coeso il sistema produttivo e territoriale sul denominatore comune della qualità, del rispetto delle regole e sulla progettazione delle prospettive. Insomma fa bene il suo mestiere”. E le prospettive? “Se guardiamo ai primi dati del 2011 direi molto buone. Aspettiamo le conferme anche dal Vinitaly”.

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