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Industria, Slow Food e artigiani giocano la partita della tracciabilità ... A Cibus la sfida fra industria e artigiani... Tracciabilità dal campo alla tavola... A Parma è aperta da ieri la prima edizione di
Cibus Tour, la versione dedicata al grande pubblico della storica fiera alimentare. Per la prima volta i cancelli del quartiere fieristico di Baganzola, a due passi da una della capitali della food valley italiana, si sono aperti per accogliere i consumatori e non soltanto gli operatori del settore come accade da sempre per il Cibus tradizionale. Di nuovo, a sentire gli organizzatori, c’è tutto. In particolare la presenza di Slow Food, il custode del mangiar sano e naturale, che a Parma è sceso in campo assieme alla grande industria di trasformazione. È una sfida: coniugare la logica della produzione standardizzata su larga scala, con quella che fa del piacere a tavola, del mangiare
naturale (e lento) una conquista per tutti. Un po’ come far convivere il diavolo e l’acqua santa. I piccoli produttori artigianali e i colossi dell’alimentare italiano si trovano fianco a fianco, in queste ore, a mostrare il meglio delle loro produzioni. Ma il vero protagonista (negato) della fiera rischia di essere l’etichetta d’origine. La tracciabilità della filiera, la trasparenza, l’indicazione dell’origine? Ben vengano, ma solo se a fregiarsene, per di più volontariamente, sono i piccoli produttori, il cui
bacino di vendita non va oltre la provincia in cui si trovano. Forse nemmeno. Eppure ai due incontri di presentazione di Cibus Tour che si sono svolti a Milano questa primavera, si è parlato soprattutto di etichetta e di origine dei prodotti. Anche perché lo scorso mese di gennaio l’Italia ha approvato una legge che obbligherà (forse) i produttori a indicare sulla confezione il luogo d’origine delle materie prime. Sono sicuro che se ne parlerà anche a Parma da qui a domani, quando il salone del gusto Made in Italy chiuderà i battenti. Se ne parlerà di sicuro al padiglione 7 dove si svolge la rassegna “Po(r)co ma buono”, gestita in autonomia da Slow Food: con una formula collaudatissima a base di laboratori e teatri del gusto l’associazione fondata da Carlo Petrini accompagnerà i visitatori in un itinerario sensoriale e gastronomico coinvolgente. Sotto i riflettori il meglio dei salumi d’Italia: prosciutti, culatelli ma anche salami, coppe e soppressate. Tutti con la carta
d’identità che ne individua con precisione luogo di nascita ed eventualmente di stagionatura. Ma come risponde l’industria a queste “provocazioni artigianali” rigorosamente Made in Italy? Come si chiuderà il confronto? Etichetta sì o etichetta no? Temo di conoscere già il finale di partita. Sulla tracciabilità la Federalimentare e in particolare l’Assica che riunisce le industrie della carne, hanno una posizione precisa: inserire l’origine in etichetta ha un costo che può arrivare al 15% di quello finale e comunque “l’equivalenza origine uguale sicurezza è un problema di disinformazione”, perché “sono le tecnologie a garantire qualità e sicurezza agli alimenti”, come ha spiegato il
direttore generale dell’Assica Franco Finato non più tardi di due settimane fa. I “visionari”del Made in Italy sbagliano a farne una guerra di religione, anche perché, dicono gli industriali, se si volesse
rendere veramente trasparente tutta la filiera, per esempio quella delle carni, bisognerebbe risalire fino al campo dove vengono coltivati i cereali con sui si alimentano bovini e suini. Chi garantisce
che non si tratti di vegetali Ogm? Dunque fidatevi della qualità che promettono i grandi marchi dell’Italia a tavola, con le loro tecnologie. Il risultato finale, quando sul tabellone di Cibus scoccherà l’ultimo minuto, rischia di essere proprio questo: visto che è impossibile (lo dice l’industria) tracciare tutta la filiera e che indicarla in etichetta costa, né si possono cancellare le frodi, lasciamo stare le cose come sono. E se Slow Food ha accettato di confrontarsi con noi (sono sempre gli industriali a dirlo) al punto da condividere la scena alla prima edizione di Cibus Tour,
vuol dire che il nostro modello è quello giusto. In realtà proprio domani alla Fiera di Parma a occuparsi di tracciabilità sarà Confagricoltura, l’associazione dei grandi coltivatori al cui vertice c’è da poco stato il cambio della guardia fra Roberto Vecchioni (il presidente uscente) e Mario Guidi (il nuovo). Ebbene, laConfagri, alle 16 di domani tiene un workshop dal titolo un po’provocatorio: “Le
tante facce dell’etichetta, la riconoscibilità non è sempre garanzia di qualità”. Guidi tiene molto al Made in Italy, dunque vale proprio la pena di seguirlo.

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