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Libero

L’oro verde di Matelica ... Da capitale del petrolio con Mattei a emblema della green economy. Questa bellissima città delle Marche cerca nuovo sviluppo dal suo vino: il Verdicchio... Lo sapessero gli americani ci farebbero su una case history. Sì quelle cose che si raccontano nei megaconvegni di economia per dire una cosa semplice: si può fare. Invece qui sui primi contrafforti del pre-Appenino, in una terra che una volta era signoria dei Da Varano, potenti e illuminati reggitori di Camerino protagonisti del Rinascimento, vivono quasi inconsapevolmente questa loro ovidiana metamorfosi. Che può essere un secondo Rinascimento. Una spiegazione? A dar retta ad una leggenda che si racconta tra le mura avite di Matelica, bellissima, cinta dai suoi bastioni e colorati di tramonti dal cipria al rosso mattone, con palazzi che vanno dal medievale al rinascimentale, ornata di giardini ubertosi, piccola certo, eppure metropolitana nel senso che è stata aperta al mondo, c’è una spiegazione neurologica. Nella piazza centrale di Matelica troneggia una bella fontana ottagonale in pietra bianca: un capolavoro. Si vuole che chi compia correndo sette giri attorno alla fontana abbia ad eterno la patente di matto. In realtà si vuol dire che i matelicesi hanno una sorta di proiezione schizoide di se medesimi: sanno andare per il mondo, ma sono gelosi, al limite della sottovalutazione, del loro mondo. E invece Matelica andrebbe studiata. Perché è il paradigma di un possibile nuovo modello di sviluppo che mette l’agricoltura, e la viticoltura in particolare, al centro dell’economia. Insomma è inconsapevolmente la capitale della green economy. Per capirlo bisogna andare qualche decennio indietro. Qui ha “regnato”Enrico Mattei che è stato il padrepadrone dell’Eni. Per la sua Matelica ha fatto tutto ivi compreso dare da lavoro col petrolio a tutti. Qui i giovani a cavallo tra gli anni cinquanta e settanta non erano coscritti alla leva, ma all’Eni. Sono andati ovunque a perforare, cercare, vendere il petrolio. Contemporaneamente a due passi da Matelica Aristide Merloni nella sua Fabriano aveva inventato il distretto del bianco: scaldabagni, lavatrici, frigoriferi. Tutti gli elettrodomestici che il mondo usa sono stati fatti qui. E i giovani avevano lasciato definitivamente la campagna, che peraltro qua è bellissima e si declina in altri territori del vino come Serrapetrona (famosissima la Vernaccia), come San Severino (gioiello assoluto d’arte). Mi dice oggi un ex sindaco: quand’ero ragazzo sognavo che i giovani invece di cercare lavoro a Fabriano restassero qui. Ora tornano. Cos’è successo? La crisi. E il futuro? Il futuro ora torna ad essere la terra che qui produce uno vino bianco di valore mondiale: il Verdicchio di Matelica che ha una Doc ultraquarantennale e che nella tipologia riserva ha ottenuto proprio quest’anno la Docg. E a dire che Matelica si sta strutturando come un distretto vinicolo e agricolo d’eccellenza ci sono altri due eventi: la nascita qui dell’unico vero Centro di Analisi Sensoriale, diretto da Lucia Bailetti, che è un’eccellenza europea, e il fatto che ci sia la facoltà di Veterinaria dell’Università di Camerino. Tecnologia e tradizione. Perché nel bellissimo museo civico “Piersanti” è custodito un quadro che si intitola “Il Cristo Vendemmiatore” (è un unicum) e che nella zona archeologica, imperdibile, tra le tombe dei Principi Piceni sono stati trovati vinaccioli che il carbonio 14 ha datato al VII secolo a.c.. Come dire che la vigna qui è di casa da tremila anni! Se non è un contemporaneo distretto rurale questo, vuol dire che non ne esistono altri. Ma il Verdicchio deve crescere in consapevolezza del suo valore. Non in qualità dacché è un bianco assoluto: freschissimo, con sentori di ginestra e di pera, con un inconfondibile finale di mandorla, con un corpo robusto, in guanto di velluto. Lo hanno chiamato il rosso vestito da bianco: e non è lontano dal vero. Capace di stare con tutto: col pesce dell’Adriatico e i vincisgrassi, col coniglio in porchetta e il pecorino stagionato, col ciauscolo e la galantina, col fritto di creme e olive e le tagliatelle al tartufo. La mensa quotidiani di Matelica. E però qui entra in gioco la variabile del matto. L’understatement che contraddistingue i maceratesi e i matelicesi in particolare, ha fatto sì che il Verdicchio di Matelica vivesse un’esistenza tranquilla: poca notorietà, mercato quanto basta. Un gioiello da tenere in casa. Ma oggi il mondo è cambiato. Il Verdicchio è il nuovo oro verde di Matelica. Che già con Mattei aveva insegnato al mondo che si può fare e che oggi col Verdicchio può ripetere la docenza per dire che si può andare oltre la crisi immaginando, nei campi, un futuro. Dorato come i riflessi del Verdicchio che accompagna i miei pensieri seduto qui sulla fontana del matto in attesa che dal bicchiere spunti il genio. Il genio di Matelica.


Belisario Cambrugiano. È il Verdicchio top di questa cantina sociale che fa ottima qualità. Vino rotondo e pieno con sentori che vanno dai fiori gialli alla pera. Ottimo al palato. Una grande riserva. Euro 12

Monacesca Mirum. L’ambasciatore nel mondo del Verdicchio di Matelica. Una Riserva di gran classe con note di frutta esotica, finale ammandorlato. Palato pieno e vellutato. Euro 15

Cavalieri Gegè. Un cru di una cantina che fa il Verdicchio di Matelica secondo tradizione. Freschissimo ha naso complesso di frutta matura. Al palato è deciso e lungo. Euro 11

Gagliardi Maccagnano. Affinamento quasi annuale per questo Verdicchio di Matelica che è un cru. All’olfatto è ampio di fiori gialli, al palato deciso e freschissimo. Euro 10

Maraviglia Alarico. Verdicchio di Matelica “autentico”. Freschissimo e di corpo al palato ha al naso bouquet complesso tra l’acacia e la pera. Finale deciso di mandorla. Euro 9

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