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Libero

Non di sola vendemmia vive il vino ... Il Torchio... Comincia, puntuale come le feste comandate, il toto-vendemmia. Anche Libero Gusto ne dà conto. È sperabile tuttavia che non si assista alla solita gara a chi la spara più grossa tra le troppe sigle che dicono di rappresentare il nostro settore enologico, un comparto che vale oltre 14 miliardi di cui più di 4 realizzati all’estero. Non abbiamo bisogno né di aruspici sulla qualità, né di misurare le tonnellate di uva prodotte per consolarci dicendo: siamo i primi al mondo. È anche sperabile che qualcuno non si alzi a dire che questa sarà la vendemmia del secolo. Negli anni a cavallo tra ‘900 e 2000 se ne sono contate una decina. Il fatto è che l’Italia lungi da sperimentare le vendite en primeur - almeno per le bottiglie di maggior fama e prezzo - ha ancora un’articolazione di gestione delle aziende e di comunicazione del vino arcaica. Cerca di copiare dai francesi senza voler pagare il dazio del rigore e della coesione del sistema vinicolo dei nostri più agguerriti concorrenti d’Oltralpe. La vendemmia è sicuramente il cuore della produzione enoica perché resta sempre vero il “verbo” di Giacomo Tachis secondo il quale gli enologi se va bene riescono a non rovinare quello che ha dato la terra, ma sovente enfatizzare la raccolta serve a mascherare il caos che regna sovrano nel nostro sistema vino. Questa sarebbe un’ottima annata se ci fosse una potatura delle incombenze burocratiche, dei balzelli e dei tanti che campano sul comparto enoico senza avere mai faticato la vigna e un raccolto di sana gestione e di buon marketing per far crescere le cantine. Perché non di sola vendemmia vive il vino.

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