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Libero

Il torchio ... Un etto di Brunello, incartato bene ... Davvero non ci si stupisce più di nulla. Ma tant’è: questo Paese angosciato dall’etilometro, che ha i bimbi più grassi d’Europa - perché nessuno fa educazione alimentare e in famiglia piuttosto che pane e olio danno loro le merendine ai grassi idrogenati o li portano a cena al fast food che costa poco e loro sono contenti purché non si interpelli il fegato - e i carrelli della spesa più vuoti del Continente, sembra in preda ad alcolismo demens. Capita a chi è astemio di ragione. È accaduto che una ditta inglese abbia fatto un roboante annuncio: il vino ve lo diamo nelle bottiglie di carta. Pesano niente e in più, udite udite, sono riciclabili al cento per cento. Nel paese, l’Italia, dove le ciclabili finiscono in nulla malgrado milioni di euro sperperati dalle pubbliche amministrazioni qualcosa che è ri-ciclabile è di per sé una notizia. Infatti i nostrani tiggì si sono buttati a pesce (in barile) sul caso bottiglie di carta, emulati da gran parte della carta (stampata). A nessuno che sia venuto in mente che se il vino finisce nel cartone (ci sono già i tetrabrik, ma quelli non sono del tutto riciclabili perciò non fanno notizia anche se fanno mestizia) diventa una commodity e addio valore aggiunto, addio specificità, addio made in Italy. E infatti gli inglesi a questo puntano: a commercializzare vino come fosse un prodotto qualunque. Noi invece abbiamo bisogno del vino unico per continuare ad alimentare un settore che è uno dei nostri primati economici e culturali. Avremmo dovuto bollare la paperbottle come una stupidaggine. E invece... Come al solito quando si parla di agricoltura piuttosto che avere un approccio economico si fa un po’ di colore e passa la notizia. Così il prossimo scoop sarà intervistare la signora che come dal pizzicagnolo chiede all’enoteca: mi dia un etto di Brunello, ma mi raccomando incartato bene!

PS: Anche il vetro è riciclabile. Sicuro al cento per cento.

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