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Vitigni autoctoni, sono sbagliate le guerre sante ... L’Italia del vino? Fatta per la maggioranza di artigiani del vino che devono essere orgogliosi della loro artigianalità, che innalzano la qualità e che non devono temere o osteggiare gli industriali del vino, che hanno la forza di aprire i mercati e far conoscere all’estero l’Italia, ma capire che sono realtà complementari, come “il sugo per la pasta”. A dirlo è l’artigiano più celebre del vino italiano, Angelo Gaja, che cita il successo di Montalcino legato alla presenza di un artigiano storico, Biondi Santi, e al lavoro di un gigante, Castello Banfi. “L’Italia deve tanto a marchi come Antinori o Santa Margherita, che ci hanno portato per primi nel mondo come Paese di vino, troppo spesso presi di mira”. L’artigiano vinicolo deve fare le sue scelte, anche controcorrente, ma con mente aperta: “viva i vitigni autoctoni, sono una risorsa, ma non per questo internazionali e blend sono il diavolo. Il Sassicaia, nostro vino bandiera, o il Tignanello, hanno fatto una rivoluzione, di autoctono non hanno niente, ma insegnano”, dice Gaja che su Barolo e Barbaresco ha costruito la sua fortuna.

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