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Libero

Fenomeno Prosecco … Oltre 400 milioni di euro di valore, quasi 25 milioni le bottiglie esportate. Il Conegliano-Valdobbiadene Superiore è diventato un vero caso mondiale … Il Prosecco Superiore
Docg Conegliano-Valdobbiadene si specchia stamani nel suo bilancio e si scopre più bello e più potente che pria. C’è qui a Pieve di Soligo, quartier generale di questo distretto vitivinicolo d’assoluta eccellenza, la presentazione del rapporto del Centro Studi. Che è la registrazione di una crescita esponenziale del valore di questa agricoltura. È un fenomeno mondiale, un distretto rurale che è diventato un caso economico. Solo luci - almeno in apparenza - su questo territorio dei primati agricoli e davvero sembra che il sole sia racchiuso in queste bottiglie. Basta far scivolare nel calice il delicato perlage di questo inebriante estratto dalla Glera per vedere nel bicchiere riflessi d’oro, con leggere sfumature smeraldine e il rimbalzare delle sfere di fermentazione che sembrano una pioggia di stelle. Molecole preziose di un universo di successo. Al naso senti ananas e albicocca, e talvolta fiore bianco e ancora sfumature d’acacia. Al palato è delicatamente solleticante e se lo prendi Dry, Extra Dry, Brut o Extra Brut lo senti carezzevole, seducente, sbarazzino, di nerbo e nei millesimati raggiunge spesso austerità da vino assoluto. Ha il Prosecco Superiore in questa flessibilità di stile che tuttavia mai è tradimento delle radici territoriali, il suo maggior propellente. È capace di essere il ritornello per un finger food o diventare la colonna sonora di un raffinatissimo incontro col mare in tavola. Dai jeans al frac tutto in vino, dalla minigonna al tubino nero tutto in un fascino, da Magritte a Tiepolo tutto in unica opera d’arte agricola. Ma questo se ci si limita a considerare il Prosecco in enoteca, al winebar o al ristorante. Già più intimo e affascinante diventa il racconto sensoriale tra le mura di casa, per un tete a tete tra coppia innamorata, per uno scambio d’affetti con gli amici. Ma per comprendere oltre gli stereotipi il Prosecco Superiore bisogna venire necessariamente nella sua culla: qui tra queste benedette colline trevigiane dove da centocinquanta anni - gli stessi della nostra Italia unita - la viticoltura è esaltazione della vite, ragione di vita. Ogni volta che torno su questi colli che sono stati i primi a farsi distretto enoturistico quando ancora di strade del vino neppure si ragionava, quando incontro a Conegliano quello che è stato il primo istituto enologico dove Martinotti mise a punto il sistema di fermentazione in autoclave che non so perché ci ostiniamo a chiamare Charmat offrendo ai francesi l’ennesimo ricostituente della loro (presunta) grandeur enologica, avverto uno spessore di territorio che ha pochissimi eguali in Italia e nel mondo. Se ne sono accorti anche i “criticoni” di Wine Enthusiast la rivista cool del vino negli Usa (Wine Spectator è quella cheap) che a gennaio premieranno Conegliano-Valdobbiadene, come area enologica dell’anno. E ti credo: il Prosecco Docg lo scorso anno ha fatto negli Usa il più 81 per cento di export. Però la faccenda dell’estensione della denominazione unita ad una possibile non oculata gestione dell’eccesso di successo possono essere i due punti di debolezza in prospettiva per il Prosecco che non a caso per questo appuntamento nella zona classica di produzione ha trovato un titolo che è presa d’atto e ammonimento al tempo stesso: “Dare valore alla differenza”. Per la verità è anche un tentativo di difesa contro le contraffazioni sempre più massicce che girano sul cosiddetto mercato globale dove, soprattutto i paesi viticoli emergenti provano a fare i furbi. Si è cercato riparo scovando in quel della provincia di Pordenone un paesino che si chiama Prosecco e siccome i nomi geografici si possono tutelare a livello di marchio si è pensato di allargare la zona di produzione del Prosecco (vino) anche al Friuli. Tutto giusto avendo ricostituito una sorta di piramide qualitativa che va dal Prosecco Doc (quello prodotto in una zona vastissima) al Prosecco Superiore Docg, riconoscimento che la denominazione storica del Conegliano-Valdobbiadene ha ricevuto nel 2009.
Ma ora c’è un effetto trascinamento dei prezzi, c’è qualcuno che scalpita per iperprodurre. Ed ecco che gli “storici” vogliono qui marcare la differenza: tra la viticoltura di collina (oltre 600 ore di lavoro per ettaro) e quella di pianura (appena 150 ore ettaro), tra la tessitura qualitativa di questo vino e quella del Prosecco più in generale. Stando però tutti insieme attenti ai falsi che girano per il mondo. Così per corroborarmi vado fino alla collina di Cartizze. È una sorta di cattedrale romanica enoica dove si fa dell’agricoltura eroica: solo 106 ettari di vigna, dove si fa ancora tutto a mano e dove nasce il massimo del Prosecco, la più raffinata espressione della Glera (sono queste le bottiglie che vi presento). La collina di Cartizze è l’emblema della ruralità di questo splendente distretto viticolo che ritrova qui su questo monte pettinato dalle vigne la sua più compiuta identità, la sua unicità. Una terra che come dicono i numeri vale dal 2003 a oggi un quasi raddoppio del valore: da 250 a 400 milioni di euro. Numeri che fanno impressione (e invidia anche ai distretti industriali
più celebrati) perché parlano di 6100 ettari di vigna, di 59, 2 milioni di bottiglie di spumante prodotte (di cui un milione e 388 mila di Cartizze), di 166 cantine, di oltre 6 mila occupati, di un export che in otto anni si è praticamente raddoppiato. Parlano di un distretto agricolo che non conosce la crisi: anche sul mercato interno ha incrementato le vendite del 4 per cento nell’ultimo anno vendendo oltre 40 milioni di bottiglie. Ma il vero boom è oltreconfine con quasi 25 milioni di bottiglie vendute. Primo mercato si conferma la Germania, con il 34,3%. Al secondo posto gli Stati Uniti (+81,9% in raffronto al 2009) e il Canada (+44,6%), che detengono complessivamente il 19% dell’export con 4,37 milioni di bottiglie. Ma tutto questo non avrebbe sufficiente valore se non ci fosse la magia di Conegliano con i suoi portici austeri, l’eleganza rurale di Valdobbiadene, l’armonia delle colline di Soligo, il rincorrersi di castelli e pievi lungo un itinerario inebriante di quindici comuni. Inebriante come un sorso di Prosecco.


Villa Sandi Cartizze Vigna La Rivetta

Colore dorato, perlage raffinato. Al naso regala fiori bianchi e accenni di frutta tropicale. Al palato è suadente e ben sostenuto (€ 24).

Nino Franco Superiore di Cartizze

Forse in assoluto il migliore Cartizze. Ha nerbo al palato con ottima freschezza, perlage raffinato. Esprime sensazioni di ananas e frutto giallo (€ 22).

Carpenè Malvolti Cartizze

Dalla “casa” storica del Prosecco uno spumante che ha nella cremosità della spuma al palato un timbro inconfondibile. Molto floreale al naso (€12, 50).

Bortolomiol Cartizze Dry

Molto “saporito” e armonico. Ha sfumature soavi al palato con perlage molto persistente e fine. Rivela mela e aromatiche nel bouquet equilibrato (€ 22).

Bisol Cartizze

Produttore storico della collina di Cartizze, grande spumantista. In questo vino concentra armonia e soavità. Perlage spettacolare, naso inebriante (€ 25).


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