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Brunello da record ... Local e global: un vino e un territorio sono entrati nei sogni degli appassionati di tutto il mondo. A Montalcino grande successo per le nuove annate … Due facce per un unico vino-icona: ecco il Brunello di Montalcino, local, perché simbolo del sogno toscano e di un territorio tra i più desiderati dai wine lovers italiani e stranieri, per l’arte, la storia, la cultura ed i paesaggi, ma anche per fare scorta di bottiglie, global, perché marchio famoso nel mondo, presente in moltissimi Paesi e cliccatissimo sul web. Montalcino è un territorio che tutti vorrebbero visitare, per vedere da vicino dove nasce quel vino che delle proprie origini lascia traccia in ogni bicchiere: la capitale del Brunello continua a guidare la wish list dei viaggiatori, tra le mete pionieristica dell’enoturismo in Italia, grazie a cantine che hanno aperto le porte al flusso turistico internazionale, come la Fattoria dei Barbi guidata da Francesca Colombini Cinelli, dagli anni ’60, e Castello Banfi, il cui borgo guida oggi la classifica dell’accoglienza su Tripadvisor, la più famosa community on line di viaggiatori, che, come prima attrazione del territorio, indicano una cantina, Ciacci Piccolomini d’Aragona. Un richiamo così potente che molti hanno addirittura deciso di trasferire qui vita, affetti ed abitudini, per lavorare in una delle tante professioni legate alla produzione del Brunello, passata da poche migliaia di bottiglie alla fine degli anni ’60 ai 9 milioni di oggi, da 63 ettari vitati a oltre 1.900, per un valore fondiario di 350-450.000 euro per ettaro, tra i più alti in assoluto e verso cui gli investimenti non conoscono crisi. E proprio il territorio è uno dei canali più importanti per la vendita del Brunello: tra enoteche e ristoranti a Montalcino viene venduto e consumato sul posto il 16% della produzione totale. Ma il Brunello è anche alfiere dell’enologia made in Italy nel mondo, da sempre presente sulle tavole dei capi di Stato, con tanti vip che si dichiarano suoi ammiratori, tanto da arrivare spesso a decidere di produrne uno proprio: da Richard Parsons, ex ad Aol Time Warner, a Ferragamo, da Illy alla famiglia Ligresti, dal pittore-vigneron Sandro Chia (“non c’è differenza tra un’opera d’arte e una grande bottiglia”) a Louis Camilleri, ceo di Philip Morris, fino a Claudio Tipa, patron di ColleMassari e zio di Ernesto Bertarelli di Alinghi, da poco vigneron a Montalcino, ma la cui Fondazione Bertarelli ha già in cantiere progetti sociali, culturali e archeologici per il territorio. E se il mondo va a Montalcino, Montalcino va nel mondo, con il 65% della produzione del Brunello venduta all’estero, Stati Uniti in primis, ma anche Germania, Svizzera, Canada, Inghilterra e Giappone, e in nuovi mercati emergenti come India e Cina. Ma il Brunello è anche il vino italiano più acquistato, con i Supertuscan, nel più grande bazar on line del mondo, eBay (secondo una recente indagine) da appassionati e collezionisti a caccia di annate e griffe particolari, ed è cliccatissimo sulla rete, dove si condividono passioni, se si pensa ai social network. La conferma è arrivata da “Benvenuto Brunello 2012” (a Montalcino, 24-27 febbraio), l’anteprima delle nuove annate del Brunello (2007 e Riserva 2006), riservata a stampa ed operatori, ma che, per la prima volta, tutti hanno potuto seguire live sui social network del Consorzio del Brunello (Facebook, Twitter, Flickr, YouTube e sul blog www.brunello.tv) con il “progetto 2.0” firmato dalla MontalcinoNews. È anche da qui che, in tempo reale, ai wine lovers di tutto il mondo sono state rivelate le “4 stelle”, rating attribuito all’ultima vendemmia, la 2011, e Montalcino ha dato i suoi numeri: 155 milioni di euro di giro d’affari per i suoi vini nel 2011 (+10% sul 2010), la conferma delle posizioni nei principali Paesi di riferimento dell’export, grazie al quale, secondo un’indagine WineNews tra 20 delle realtà più rappresentative del territorio, il sentiment, nonostante la crisi, è positivo anche per il 2012. “Risultati - per il presidente del Consorzio, Ezio Rivella - che dimostrano ancora una volta la forza di un territorio che è riuscito ad innescare un ciclo economico positivo, con una grande capacità di autocontrollo”. E dopo un 2011 che ha visto le guide italiane tutte d’accordo sul Brunello, il 2006 di Cerbaiola-Salvioni - con il vino storico di Montalcino, il Moscadello 2009 de La Poderina-Sai Agricola, miglior vino dolce d’Italia per Luca Maroni - la conferma della qualità delle nuove annate è arrivata da voci importanti della critica internazionale, la 2007 “molto buona” per il master of wine inglese Tim Atkin, e la Riserva 2006 “meravigliosa” per Steven Spurrier della rivista inglese Decanter. E tra punteggi e curiosità, se Cerretalto Riserva 2006 (99/100) e Brunello Tenuta Nuova 2007 (97/100) di Casanova di Neri hanno conquistato il guru americano della critica James Suckling, accanto a quelli di cantine storiche come Frescobaldi e Castello Banfi, per Monica Larner, corrispondente europea di Wine Enthusiast, in testa c’è Capanna (97/100) e molti sono i vini sopra i 90/100. La conferma dell’amore degli States per il Brunello arriverà anche da “Opera Wine”, prima degustazione in Italia della rivista americana Wine Spectator (che ha inserito il Brunello Riserva Biondi Santi 1955 tra i 12 “grandi” del ’900) con Veronafiere, anteprima di Vinitaly 2012 (24 marzo), che lo vedrà protagonista con 9 cantine tra le 103 selezionate (Altesino, Casanova di Neri, Banfi, Col d’Orcia, Silvio Nardi, Siro Pacenti, Tenuta Greppo, Mastrojanni, Valdicava, e 5 con tenute a Montalcino, Allegrini, Antinori, Gaja, Frescobaldi, San Felice). Ottime performance, per la “Ferrari del vino”, celebrata quest’anno da un altro grande marchio made in Italy: la griffe fiorentina della moda Ferragamo, che ha firmato la tradizionale formella celebrativa delle stelle del Brunello, “due marchi internazionali - ha detto Giovanna Gentile Ferragamo - simbolo non solo della Toscana, ma dello stile italiano che vince nel mondo”. E da “il Brunello è benzina” di Filippo Tommaso Marinetti, padre del Futurismo, a “la voglia di Brunello non passa mai” del premio Nobel Saul Bellow, ad “ogni assaggio di Brunello mi ricorda Gustav Mahler” di Luigi Veronelli, pioniere della moderna critica enogastronomica, sono tanti i testimonial illustri che al rosso toscano hanno dedicato frasi celebri e famose. Veronelli che a Montalcino fu legato da un rapporto particolare, a partire, forse, dalla ricolmatura delle Riserve alla Tenuta Greppo della famiglia Biondi Santi, dove tutto, a partire dall’invenzione del Brunello da parte del garibaldino Ferruccio “per fare qualcosa di completamente diverso dalla concorrenza”, ricorda Franco Biondi Santi, “ha del miracoloso” diceva Mario Soldati. L’ultimo testimonial? Sarà Poste Italiane, che dal 24 marzo, dedicherà una serie di francobolli speciali alle Docg del Belpaese e ai loro territori, tra cui il Brunello di Montalcino.

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