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Libero

Business e Bacco ... Una kermesse tutta da bere ... Tra due settimane Verona diventa la capitale mondiale del vino. Direte: è il solito Vinitaly. Neanche per idea. Perché ci vuole un bel coraggio a cambiare pelle ad una rassegna che ha inanellato in oltre quaranta e passa anni, di edizione in edizione, record e successi. È un new Vinitaly quello che si apre il 25 e termina il 28 marzo. Nuovo perché ha rivoluzionato il calendario: da domenica a mercoledì per dare più spazio ai buyers. Nuovo perché mette in primo piano i vini biologici e biodinamici (oltre 100 espositori), nuovo perché impone la forza economica del vino. E nuovo perché con un evento clou affidato alla colta e attenta regia di Stevie Kim sancisce il primato mondiale del vino made in Italy. Per la prima volta in Europa Wine Spectator, la rivista che nel mondo fa il mercato, ha accettato di selezionare 103 cantine italiane che sono il simbolo della storia, dei territori, delle denominazioni che ci hanno aperto il mercato mondiale. Sarà Opera Wine - la megadegustazione di sabato mattina - a fare da anteprima e insieme a dare il senso a questo rinnovato Vinitaly. E il bello è che Wine Spectator non ha preso né voluto un euro (forse molti trafficanti di immagine del vino in Italia avrebbero di che imparare e meditare) per fare questo. Ha semplicemente detto: per noi è un’occasione. E un’occasione il Vinitaly quest’anno lo è per tutta l’economia nazionale. Nella conferenza stampa che si è svolta nei giorni scorsi al Trussardi alla Sala qui a Milano, il presidente di Veronafiere Ettore Riello ha rivendicato con energia il ruolo “delle fiere come motore dello sviluppo economico: se il governo ci prestasse un po’ più attenzione non farebbe davvero male” ed ha rivendicato alla sua fiera di avere accompagnato il successo delle nostre cantine. “Le fiere fanno girare 60 miliardi in questo paese - ha detto Riello - e noi di Verona ci siamo concentrati sull’agroalimentare e sull’agricoltura perché veniamo da quel mondo che peraltro ci ha consentito di incrementare la nostra quota di mercato: dal 12,4 al 16% considerando che facciamo l’85% delle nostre rassegne in proprio”. Come dire noi siamo gli ambasciatori del Made in Italy green. Lo ha ribadito anche il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani che ha posto l’accento su Opera Wine per dire come Vinitaly sia oggi il partner strategico delle cantine. Lo è portando nel mondo il vino con gli accordi di partenariato in Cina, in Usa, lo è con Vinitaly in Tour, lo è con una fiera che si conferma sempre più orientata al business. Numeri importanti per questo Vinitaly: 4322 espositori, 380 mila metri quadrati di esposizione lorda, i massimi vertici dell’agricoltura - dal ministro Catania al commissario Ciolos, da Paolo De Castro presidente della commissione agricoltura di Strasburgo ai massimi tecnici mondiali - un carnet di eventi impressionante e soprattutto la convinzione delle imprese che non si può fare a meno di questa Fiera, visto che gli espositori diretti sono aumentati del 18%. Come dire: vogliamo vendere in prima persona. E vendere cosa? Ma il prodotto più importante, glamour, appetito di tutta la nostra economia. Il vino che fattura 14 miliardi, dà lavoro a 340 mila aziende agricole a 25 mila imbottigliatori, ed ha un export per quattro miliardi. Era dunque logico che Vinitaly diventasse sempre più rassegna business. Senza dimenticare però che Bacco è anche cultura del territorio. Ed ecco confermati, in concomitanza con Vinitaly, il Sol (salone dell’olio d’oliva) Enolitech (salone dell’accessorio) e Agrifood, la rassegna gastronomica. A dire che a Verona c’è l’Italia che va: quella dei campi.

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