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Primo bilancio del Vinitaly ... I giovani vogliono vini più leggeri ... Smentiti i “guru” che a forza di premi spingono il settore verso prodotti “pesanti” ... Cronaca da un successo mondiale. Questo è il racconto dell’edizione 46 del Vinitaly che chiude stasera, mercoledì 28 marzo. La Fiera di Verona ha avuto il coraggio - che oggi ad un primissimo bilancio si traduce in merito - di ridare spazio alle operazioni di mercato contingentando l’accesso al pubblico e riportando la più importante rassegna mondiale del vino alla sua essenza più vera: produrre business, favorire contatti commerciali, discutere di un comparto che è decisivo per la nostra economia. E due risultati il Vinitaly li ha già incassati: l’Italia riuscirà a far fare marcia indietro all’Europa sulla folle idea di liberalizzare i vigneti, nuove tasse sul vino non arriveranno. Lo ha assicurato il ministro Catania che si è reso conto della centralità economica e culturale di questo comparto. Un paio di cifre per ricordarlo: 14miliardi di fatturato, oltre un milione di addetti, oltre 300 mila aziende interessate e 4,4 miliardi di fatturato estero. Se si misura l’indotto il valore del vino raddoppia. E di questo valore si è molto discusso qui a Verona. Intanto perché con “Opera Wine”, la prima degustazione organizzata in Europa da Wine Spectator la più influente rivista al mondo e sostenuta da Veronafiere, si sono messe in fila le aziende che fanno immagine e mercato all’estero del nostro vino. Ascoltando questo famedio di produttori - da Marco Caprai ad Angelo Gaja passando per Boscaini (Masi), Moretti (Bellavista) Planeta, Tasca, Neri (Casanova di Neri) Mariani (Banfi) per dirne alcuni - si ha il senso di come va il mercato. C’è molto interesse ancora dai paesi extra Ue: America in testa. Si cominciano a fare affari in Brasile, in India e anche la Cina risponde alle sollecitazioni. Le premesse sono per un ulteriore lieve incremento dell’export anche nel 2012, invece il mercato interno resta inchiodato. Emergono alcuni territori come la Puglia e il Lazio, si consolidano Trentino e il Friuli Venezia Giulia, gran parte del mercato però passa dal triangolo delle meraviglie Toscana, Piemonte, Veneto con incursioni di alcune cantine del centroitalia, Umbria e Marche in particolare con la Sicilia, finalmente, in ripresa. I problemi aperti sono sostanzialmente due: la caduta dei consumi e la difficoltà a riscuotere. Anche nel vino mancanza di credito ed eccesso di pressione fiscale sono gli handicap più forti. È vero che Unicab e Veronafiere hanno condotto una ricerca che apre qualche spiraglio. I giovani fino a 35 anni sono pronti a tornare al consumo di vino ma lo vogliono di minore gradazione e capace di accompagnare una gastronomia semplificata. Insomma i critici che per anni hanno predicato e costretto in forza di premi e classifiche i produttori a fare i vini pesanti sono smentiti dai gusti del pubblico. Anche nel vino il nuovo credo è semplicità, naturalità, immediatezza. Se non sembrasse un paradosso - ma in realtà non lo è - anche tra le bottiglie il nuovo stile è la sobrietà. Ed ecco che spumanti, vini bianchi e rosati tornano al centro delle preferenze dei consumatori mentre il mercato dei rossi si polarizza: o vini di territorio facili a bersi oppure le grandissime griffe.
Ma questo comparto decisivo per l’intera economia del paese chiede giustamente maggiore attenzione. E per una volta un ministro della Repubblica è venuto ad ascoltare più che a fare proclami e a sostenere le ragioni del comparto. Mario Catania, titolare dell’Agricoltura, è stato al Vinitaly in pianta stabile e ha parlato da tecnico alle aziende. Sostanzialmente tre sono le cose che ha detto. No alla nuova Ocm che vuole liberalizzare in Europa i vigneti. Su questo Catania ha rassicurato: saremmo irremovibili. E un primo effetto lo ha avuto. Il commissario europeo all’agricoltura Ciolos ha detto: “Sarà necessario prendere in seria considerazione le valide ragioni dell’Italia”. Il secondo segnale che Catania ha dato è che lui è decisamente contrario sia alla tassa sul cibo spazzatura sia a ritoccare accise e fisco sul vino. Al punto di impegnarsi a chiedere un confronto aperto con tutto il governo. La terza decisiva affermazione: l’agricoltura è centrale nell’economia del paese e io ne sono consapevole. Tant’è che pure sulla vexata quaestio dell’Imu agricola che toglie i sonni anche ai vignaioli più ricchi e blasonati il ministro ha ripetuto: va rivista e mi impegno a mitigarla. Si esce dunque dal Vinitaly con qualche rassicurazione in più. E anche con una prospettiva migliore. Proprio ora che l’imperativo è sobrietà, che tramontano le degustazioni spettacolo e le promozioni a spreco, ora che si mira al sodo il vino trova finalmente il suo protagonismo.


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