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È Antinori il marchio più forte ... Un sondaggio fra gli enoappassionati svela la mappa del potere
in cantina. Ai primi posti anche Gaja e Tenuta San Guido ... Un marchio, un vino. E che si nomini l’uno o l’altro non fa differenza, perché, agli occhi dei wine lover, brand e prodotto si identificano e sono sinonimo di serietà, costanza qualitativa e prestigio: secondo un sondaggio di www.winenews.it e Vinitaly (www.vinitaly.com), tra 1.097 enonauti, appassionati già fidelizzati al mondo del vino e del web, nell’Italia enoica è Antinori il marchio più forte per il 44% degli amanti del buon bere, seguito da Gaja (17,5%) e Tenuta San Guido (12%). E se di fronte all’ampia offerta del vino del Belpaese il 60% degli appassionati non si lascia influenzare dal brand nella scelta dell’etichetta da acquistare, per il 55% la forza del marchio è, comunque, indice di affidabilità del prodotto-vino. Riconoscere un marchio ed associarlo correttamente ad un prodotto: è questa la “misura” della forza di un brand. Come Antinori, storica famiglia del vino italiano, capace di trasmettere un’immagine di serietà, costanza qualitativa e prestigio, forte di sei secoli di storia, ma anche di una distribuzione capillare e una differenziazione di etichette su diverse fasce di prezzo, che ne fanno il power brand dell’Italia del vino per gli eno appassionati. Seguito da Gaja, uno dei nomi del vino italiano più famosi al mondo, sinonimo di autorevolezza ed eccellenza, e Tenuta San Guido, la cantina che ha dato vita al fenomeno Supertuscan con il capostipite Sassicaia (con gli appassionati che indicano indifferentemente il nome dell’azienda o il suo vino di punta, a conferma di come brand e prodotto si identifichino). Per il 4% dei wine lover, tra i brand più forti ci sono poi Ferrari, uno dei simboli delle bollicine made in Italy, Frescobaldi, una delle grandi famiglie del vino italiano, Castello Banfi, la cantinasimbolo del territorio di Montalcino che ha fatto conoscere il Brunello nel mondo e Allegrini, una delle famiglie che hanno fatto la storia dell’Amarone della Valpolicella. Chiudono la top 10 dei brand leader, Zonin, uno dei più grandi gruppi del vino italiano, Martini, che da sempre vuol dire Asti Spumante, e Caprai, la cantina che ha lanciato il Sagrantino di Montefalco nel mondo. Ma sono tante le cantine italiane citate, tra marchi storici, brand dall’importante presenza sui mercati e realtà produttive dell’alto artigianato enoico del Belpaese: dalle toscane Tenuta Greppo-Biondi Santi, Tenuta dell’Ornellaia e Ruffino al Gruppo Italiano Vini, dalla piemontese Fontafredda alle franciacortine Bellavista, Berlucchi e Cà del Bosco, dalla trentina Mezzacorona (e le sue bollicine Rotari indicate, anche in questo caso, al posto del nome della cantina) alle venete Masi e Santa Margherita, dalla campana Mastroberardino alle siciliane Donnafugata, Planeta e Tasca d’Almerita. “Infedeli”, però, al fascino del brand, il 60% dei wine lover, davanti allo scaffale, dichiara di non essere influenzato dal marchio quando sceglie il vino da acquistare, spinto, magari, più dalla voglia di scoprire nuovi vini, e, di questi tempi, dalla ricerca di un buon rapporto qualità-prezzo. Una tendenza sempre più in atto, grazie anche al crescere delle informazioni sui vini, dal semplice passaparola alla forza di web e social network, facilmente accessibili e che garantiscono contatti diretti praticamente in tempo reale. E poi c’è la vendita diretta, canale di acquisto che piace sempre più, e per la quale il brand non è fondamentale, perché si scelgono produttori di prossimità, anche meno celebri, ma che si conoscono di persona. Non secondario, il ruolo dell’enotecario di fiducia, che consigliare nuove etichette ai clienti abituali, che già conoscono i marchi più importanti. Il 40% degli appassionati che, invece, guarda al brand prima di comprare un vino, lo considera elemento imprenscidibile delle proprie scelte, capace, prima di tutto, di infondere sicurezza al momento dell’acquisto di un prodotto “a rischio” (sappiamo che ci piace solo dopo averlo comprato). Del resto, proprio la forza del marchio, per la maggioranza dei wine lover (55%), resta, comunque, indice di affidabilità di un vino, come avviene per altri prodotti di prestigio, a partire da quelli della moda. Non è così per un 45% di appassionati più “cauti”, per i quali, in alcuni casi, chi sceglie di investire e puntare tutto sul brand, a volte, lo fa a scapito della qualità, pur innalzando il prezzo delle proprie etichette. E, di questi tempi, si guarda anche a questo.

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