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La vera cultura del vino è quasi sconosciuta in Italia ... L’Italia è uno dei più grandi e storici Paesi produttori di vino al mondo, ma gli italiani non sono tra i più ferventi cultori di Bacco. Ecco perché, nonostante il lavoro importante, di decenni, di tanti player come i Sommelier d’Italia, Gambero Rosso, Slow Food e non solo, è oggi più che mai necessario sedersi tutti intorno ad un tavolo e capire che questi “attori” e i produttori stessi hanno un solo, comune obiettivo, al di là delle legittime specificità e aspirazioni di ognuno: diffondere la cultura del vino più di quanto lo sia oggi. È il messaggio della “Giornata nazionale della cultura del vino” n. 2, celebrata il 28 maggio a Roma dall’Ais-Associazione italiana sommelier e Bibenda. “L’Italia è molto lontana da quello che dovrebbe essere: “il” Paese del vino. In Francia si studia vino per 2 anni a scuola, nei nostri istituti alberghieri ci sono 5 ore di lezione. E il lavoro nostro e di altri, da solo, non basta a far sì che siano più dei soli 4milioni di italiani su 61 a potersi definire acculturati sul vino”, ha detto Franco Ricci, presidente della Worldwide sommelier association (Wsa). Pensiero condiviso appieno anche dal presidente dell’Ais, Antonello Maietta, che ha spiegato come “di cultura del vino parlasse già Platone 2.400 anni fa”. Ma che cosa è la cultura del vino? “È far capire che il vino è prima di tutto espressione dell’identità dei territori, prima che un prodotto per il mercato”, ha detto il giornalista Carlo Cambi. Ma è anche “convivialità, aprire le porte dei territori, raccontare la serietà di chi produce, con un linguaggio semplice, è consumo consapevole e non proibizione, è educazione nelle scuole, è scambio di idee tra pubblico e privato”, secondo Alessandro Regoli, direttore di WineNews. “Ma è anche comprensione dei gusti degli altri”,per il presidente del Gambero Rosso Paolo Cuccia, o il far sì che “il vino ed i suoi produttori si prendano cura di un territorio nel suo complesso”, per il presidente del Consorzio del Franciacorta Maurizio Zanella. Senza dimenticare l’importanza di seminare consapevolezza nei cittadini, perché anche le istituzioni tornino a dare al vino e all’agricoltura di cui è bandiera, il peso che ha nelle decisioni politiche per il Paese, come hanno rivendicato il giornalista del Tg5 Gioacchino Bonsignore e il presidente di Federdoc Riccardo Ricci Curbastro, visto che il settore, tra produzione e indotto, vale più del 20% del Pil nazionale. “È la scienza che migliora il modo di produrre, conoscenza della storia per guardare al futuro, e anche ascolto delle esigenze del consumatore senza il quale, il vino e il suo mondo, non sarebbero così ricchi e belli”, come ha detto l’enologo Riccardo Cotarella. Ma la cultura del vino
è soprattutto qualcosa che sta a cuore a tanti e non solo nel mondo di Bacco, come dimostrano le tante adesioni eccellenti alla “Giornata” promossa dai sommelier: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Nobel Dario Fo, il Ministro della Giustizia Paola Severino, Vittorio Grilli, viceministro dell’Economia; politici come D’Alema, Letta o Alfano; Roberto Colaninno (presidente
Alitalia); imprenditori come Riccardo Illy, Oscar Farinetti e Gian Marco Moratti; giornalisti come Vespa, Mentana, Lerner, Augias, Mura e Cristina Parodi; artisti come Albano, Lina Wertmüller, Pippo Baudo, Alessandro Gassman, Carlo Conti, Gigi Proietti, Enrico Montesano, Serena Dandini, Arnoldo Foà; sportivi come Alberto Tomba o Gianni Rivera, pezzi di storia del vino come Giacomo Tachis. Perché, quale che sia l’occasione per brindare, non c’è niente di meglio di un calice di buon vino.


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