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Francia-Italia, la sfida è appena cominciata. Parola di Serge Dubois, presidente degli enologi mondiali: “A parte l’altissima gamma i vostri vini vincono dappertutto” ... Nel vino Italia e Francia vivono un dualismo ed una rivalità uniche al mondo, che hanno fatto dell’Italia il primo esportatore a livello mondiale in termini quantitativi, e della Francia il Paese leader in valore. Ma oggi, le sfide da affrontare, ci vedono dalla stessa parte della barricata, come racconta Serge Dubois, presidente dell’Union Internationale des Oenologues, a WineNews, che lo ha incontrato sulla Costa Atlantica nel Congresso degli enologi italiani. “Nel Vecchio Mondo, e quindi in Francia e Italia, l’approccio al lavoro in cantina è estremamente diverso - spiega Dubois - da quello dei nuovi Paesi produttori, come gli Stati Uniti: da noi c’è una cultura secolarizzata, un amore per il vino che produttori ed enologi condividono e rispettano,mentredall’altra parte dell’Oceano, specie nelle aziende più grandi, vere e proprie multinazionali, gli enologi sono al servizio di una cultura diversa, che pensa prima di tutto al guadagno”. E ci ritroviamo dalla stessa parte anche nella lotta contro la liberalizzazione dei diritti d’impianto: “Proprio come da voi, i produttori sono molto coesi e sicuri sul no alle liberalizzazioni”. Ma per una cosa che ci unisce, un’altra ci divide, l’annosa questione su chi sia “il migliore” che, per il capo degli enologi francesi, “è l’Italia: la Francia è molto brava per i vini di altissima gamma, quindi alcuni Champagne, i grandi Bordeaux, i Borgogna, che, però, rappresentano il 2-3% della produzione. Se compariamo - racconta ancora Dubois - i vini di livello medio dei due Paesi, l’Italia è superiore, persino in Québec, ex colonia francese, si trova più vino italiano”. Anche se, un problema esiste, ed è strutturale: “Le aziende italiane hanno una dimensione media molto piccola e, a differenza di quelle francesi, che si espandono per 15-20 ettari, non producono solo vino, ma anche altri prodotti, una complessità che frena spesso il cambiamento”. Un problema che non fermerà la conquista dell’estero: “i grandi vini italiani ormai sono conosciutissimi, ci vuole tempo - continua il presidente dell’Union Internationale des Oenologues - per raggiungere i grandi di Francia, ma ormai la strada è segnata, ed è quella giusta”. Un’investitura d’eccezione per il vino italiano, e se agli Europei di calcio la finale dovesse essere tra Francia ed Italia, “sarebbe un problema di cuore, da affrontare con un Barolo, un brunello di Montalcino, un Ripasso o un Supertuscan”.

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