I vini dealcolati rappresentano una possibilità ed una speranza per il futuro di tanti produttori di vino, specie quelli più grandi, unica vera novità nel panorama mondiale degli ultimi anni, ma anche terreno di scontro, tra diverse sensibilità e diversi principi, anche legislativi. Se ne parla, però, quasi esclusivamente in termini commerciali e ideologici, e molto poco in termini tecnici e chimici, come ha fatto, invece, il Laboratorio di ricerca ed analisi francese “Excell”, nel suo “Quelques défis techniques et analytiques autour des boissons désalcoolisées”, in cui mette al centro il ruolo dell’etanolo, il principale costituente delle bevande a base di vino dopo l’acqua, ma anche un molecola molto peculiare, con una parte polare ed una apolare che, in maniera assai singolare, rappresentano grosso modo lo stesso volume.
Ed è proprio questo aspetto che permette alla molecola di etanolo di ricoprire un ruolo di notevole importanza: è uno stabilizzante, fa da ponte tra composti polari e composti non polari, tra i quali i composti fenolici, ha un ruolo inibitorio contro i microrganismi. Per questo motivo, la dealcolazione di un vino, inizialmente addizionato di etanolo, rischia di renderlo instabile, a meno che non si riesca a dosare correttamente il contenuto finale di etanolo, anticipare la perdita di stabilità di alcuni composti direttamente coinvolti nella qualità del vino (tannini, composti fenolici, aromi), valutare l’instabilità microbica generata dalla rimozione di un composto legante per qualsiasi tipo di microrganismo e cercare di capire l’effetto sulla qualità del prodotto.
Come detto, l’assenza di alcol favorisce la comparsa di instabilità, che riguardano soprattutto proteine e tannini, e questo insieme di elementi proteici e polifenolici è già stato identificato come instabile in condizioni di bassa gradazione alcolica nell’ambiente di produzione della birra. Risultati simili si osservano anche nel vino, ma è molto più difficile comprendere la portata del problema, perché i vini analcolici non hanno la stessa risposta ai test convenzionali di stabilità proteica, e l’analisi FTIR (Fourier Transform InfraRed Spectroscopy) attesta la presenza di una molecola (proteine, tannini), ma senza conoscerne la concentrazione.
L’etanolo, però, è anche un elemento essenziale per la stabilità microbiologica dei vini e, viceversa, la riduzione del contenuto di etanolo apre la strada allo sviluppo di molti altri microrganismi, quelli che hanno saputo resistere alla vinificazione ma anche e soprattutto quelli presenti in cantina che, pur essendo sottoposti a vincoli permanenti di azioni igieniche, trovano un ambiente particolarmente favorevole in un vino dealcolato: l’igiene e il suo frequente controllo sono quindi elementi ancora più essenziali per la produzione di bevande dealcolate. In termini di risposte tecnologiche alla necessità di moderare la gradazione di un vino, sta diventando sempre più popolare l’evaporazione sottovuoto del vino, classica o a coni rotanti, che consente la dealcolazione parziale o totale del prodotto minimizzando la perdita di volume. Le tecniche a membrana, invece, sono efficaci ed economiche per una dealcolazione limitata (1-4% massimo), perché poi generano maggiori perdite di volume.
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