“Olio Italico”, tra boutade, fake news e bocciature, la proposta della Coldiretti di un olio al 50% italiano è destinata a finire presto nel dimenticatoio. Eppure, è una vicenda che racconta molto di una filiera cassai complessa, in cui le diverse componenti spingono per soluzioni ben diverse. Ma procediamo con ordine. Il 28 giugno, da un convegno organizzato da Federolio, l’associazione che riunisce gli imbottigliatori oleari, arriva la proposta sui generis di Coldiretti: l’Olio Italico, una miscela al 50% di olio italiano ed internazionale. Netta, nei giorni successivi, è stata la presa di posizione di Unaprol, l’associazione degli olivicoltori della Coldiretti, che hanno minacciato di disdire la propria adesione se il progetto fosse stato realizzato.
Del resto, a sostenere l’impossibilità di una proposta del genere, qualche giorno fa è arrivato anche il parere informale dell’Ispettorato per la Repressione Frodi Alimentari che, nella ricostruzione di “Italia Oggi”, è stato scomodato dalla stessa Coldiretti: un prodotto del genere, com’è facile immaginare, costituirebbe violazione di legge, perché evocativo del made in Italy. Insomma, l’Italian sounding in Italia, una sorta di clamoroso autogol. Tanto che la stessa Coldiretti, con un comunicato stampa ufficiale datato 5 luglio, ha smentito di aver mai proposto l’idea dell’Olio Italico, parlando apertamente di fake news. “Non esiste alcun riferimento al nome Italico - si legge - né tanto meno alle miscele di oli extravergine di oliva made in Italy con quelli importati dall’estero nel più grande contratto di filiera per l’olio made in Italy di sempre siglato da Coldiretti, Unaprol, Federolio e FAI S.p.A. (Filiera Agricola Italiana), che riguarda un quantitativo di 10 milioni di chili per un valore del contratto di filiera di oltre 50 milioni di euro”.
Eppure, solo due giorni prima era la Federolio a precisare le peculiarità dell’Olio Italico, che, “oltre a contenere il 50% di prodotto nazionale, avrà una componente di olio non italiano che dovrà comunque rispondere a verificabili requisiti di eccellenza”. Più che una fake news, pare una veloce retromarcia, assolutamente legittima quando ci si rende conto di aver proposto qualcosa di irrealizzabile, magari in buona fede, ma che non avrebbe portato nulla di buono per la filiera dell’olio italiano, probabilmente il più tutelato al mondo.
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