L’Oltrepò Pavese, con circa 3.000 ettari, è il terzo distretto mondiale per ettari vitati a Pinot nero e il primo in Italia, con il 75% della produzione nazionale, e lo rivendica con i suoi vini e con “Oltrepò Terra di Pinot nero”, la kermesse firmata dal Consorzio, di scena nei giorni scorsi a Casteggio (Pavia), nella cornice dell’Antica Tenuta Pegazzera, una delle costruzioni storiche che punteggiano un territorio bellissimo, fatto di dolci poggi dove la vite disegna il paesaggio insieme alle zone boschive che, negli ultimi anni, è stato capace di attirare investimenti importanti di alcune delle griffe di riferimento della viticoltura del Nord Italia, da Cordero a Tommasi, da Berlucchi a Masi, che daranno nuovo impulso alla notorietà del territorio. La manifestazione, che ha messo insieme 34 aziende, è stata riservata solo ai vini da Pinot nero a denominazione - Oltrepò Metodo Classico e Pinot nero Oltrepò Pavese - che stanno vivendo un importante trend di crescita. Un punto di svolta significativo per affermare il valore del marchio collettivo, adottato da un numero crescente di aziende negli ultimi anni.
Quella dell’Oltrepò Pavese è una situazione emblematica delle difficoltà vissute da molte denominazioni che si stenta a risolvere. Uve pagate poco, prezzi dei vini e valore dei terreni bassi a cui in questo territorio si aggiunge una scarsa rivendicazione della Docg Oltrepò Metodo Classico, vista l’enorme richiesta di uve e vini base spumante da spedire nel resto d’Italia. E contribuisce anche lo scarso appeal del marchio collettivo per gli stessi produttori, che o preferiscono starne fuori o, se lo rivendicano, spesso lo relegano alla retroetichetta.
A commentare lo stato dell’arte dei vini da Pinot nero dell’Oltrepò, Carlo Veronese, direttore del Consorzio: “la denominazione Oltrepò Pavese è molto ampia, riconosce tutta la tradizione enologica territoriale, che contempla diversi vitigni e vini, per un totale di 26 milioni di bottiglie prodotte. Negli anni - spiega Veronese - i produttori hanno chiesto al Consorzio di perseguire denominazioni autonome, come la Bonarda, il Sangue di Giuda, il Pinot Grigio, il Pinot Nero vinificato in rosso, anche con la menzione riserva, e il Metodo Classico (bianco e rosato) a cui dalla vendemmia 2007 è stata riconosciuta la Docg. Stiamo procedendo verso una maggior caratterizzazione del territorio nel segno del Pinot Nero. Per la Docg Oltrepò, senza l’aggettivo “Pavese”, è in corso una modifica del disciplinare per mettere in evidenza in bottiglia e in etichetta il vitigno. Sparirà la tipologia che prevede il 70% di Pinot nero e rimarrà soltanto quella con l’85% che già oggi consente l’utilizzo del nome del vitigno in etichetta”.
Attualmente la produzione di Metodo Classico ammonta a sole 560.000 bottiglie su un totale potenziale di 2,5 milioni, valutato in base agli ettari e ai vini dichiarati atti a divenire, mentre non è possibile risalire al numero di bottiglie di vino spumante di qualità (Vsq). “Negli ultimi anni, a giudicare dalle fascette, la Docg sta crescendo. Nel primo semestre 2023 - sottolinea Veronese - l’incremento è stato di oltre il 20%. Aziende grandi e piccole stanno convertendo le loro produzioni di Vsq in Docg. Alcuni esempi: Terre d’Oltrepò, con il marchio La Versa, ha sposato la Docg per tutta la produzione, così come la piccola azienda agricola Alessio Brandolini, un segnale forte”.
L’incidenza dei rosati sul totale dell’Oltrepò Metodo Classico è del 20%, poco più di 100.000 bottiglie, di cui un 60% utilizza il marchio consortile “Cruasé”, concepito una quindicina di anni fa dall’allora direttore del Consorzio, Carlo Alberto Panont, che aveva visto nel rosé una opportunità di distinzione per le bollicine dell’Oltrepò e preconizzato il successo dei vini rosa. Una intuizione, giocata anche su un nome molto azzeccato e molto in anticipo, che oggi, dopo una flessione, incontra di nuovo il favore dei produttori.
“La crescita in termini quantitativi del Pinot nero in rosso (400.000 bottiglie) e soprattutto qualitativi è recente perché l’indirizzo è stato storicamente quello spumantistico - conclude Veronese - a partire dai primi impianti nel 1865 a Rocca de’ Giorgi per opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino. Ora anche nei nuovi impianti si contemplano cloni adatti ai rossi. Stiamo riflettendo su un possibile nuovo assetto per riservare il nome Oltrepò ai vini da Pinot nero, e denominare gli altri in altro modo. Una ipotesi potrebbe essere “Colline Pavesi”. Ma è tutto da verificare”.
Focus - Regione Lombardia e Terre d’Oltrepò per il rilancio dell’industria vinicola e lo sviluppo del territorio
Incontro strategico tra Regione Lombardia e Terre d’Oltrepò, con l’obiettivo di condividere e supportare la strategia di rilancio ed industrializzazione del gruppo, che rappresenta la più grande cooperativa sociale della Lombardia, e consolidare una collaborazione strategica per promuovere lo sviluppo economico del territorio, sfruttando appieno le potenzialità legate alla produzione vinicola. Un incontro che rappresenta un passo significativo verso il potenziamento dell’industria vinicola e lo sviluppo sostenibile del territorio di Terre d’Oltrepò, dimostrando la volontà congiunta di perseguire un futuro prospero e di eccellenza per questa regione. “Queste zone meritano un’attenzione particolare e non possono più accontentarsi di sentirsi elogiare per le grandi potenzialità. Lavoreremo insieme per vederla crescere in un percorso che però, va ribadito con forza, ha bisogno della consapevolezza di tutti”, ha commentato Alessandro Beduschi, Assessore all’Agricoltura e alla Sovranità Alimentare della Regione Lombardia. “Stiamo lavorando bene e senza sosta per segnare un cambio di passo netto con il passato e diventare una realtà industriale contemporanea ed internazionale: siamo la terza regione del mondo per coltivazione di Pinot Nero, abbiamo il dovere e la responsabilità di realizzare tutto questo potenziale. I primi importanti risultati stanno arrivando, adesso è il momento di aumentare ulteriormente il ritmo e di continuare ad eseguire il piano con rigore e competenza nel rispetto delle regole per il bene del territorio”, ha ricordato Umberto Callegari, ceo del Gruppo Terre d’Oltrepò.
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