Per capire la drammaticità della crisi economica che ha colpito, e sta ancora colpendo, il mondo ancora alle prese con l’emergenza Covid-19, bisognerà aspettare i dati economici del secondo trimestre 2020 che, anche per il vino italiano, daranno la misura reale del calo delle vendite, in Italia e sui mercati esteri, dove passa una buona metà del fatturato complessivo del settore enoico. Eppure, come abbiamo scritto più volte, questo 2020 era iniziato sotto i migliori auspici, specie nei Paesi di riferimento per le esportazioni di vino tricolore. A partire, come raccontano i dati di “Wine by Numbers” di UNione Italiana Vini (Uiv), che raccoglie i numeri di import ed export dei principali Paesi esportatori ed importatori (Italia, Francia, Spagna, Argentina, Cile, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Usa, Canada, Uk, Germania, Svizzera, Russia, Cina, Hong Kong, Brasile, Giappone e Corea del Sud) sul primo trimestre 2020, dalla Germania, dove le spedizioni italiane, per l’imbottigliato fermo, hanno toccato i 165,4 milioni di euro (+10,5%), mentre le bollicine hanno segnato una frenata sensibile, a 14,7 milioni di euro (-12,1%). Male, ma il dato era atteso, vista la lunga crisi politica che ha accompagnato il lungo processo della Brexit, il mercato della Gran Bretagna, dove l’imbottigliato fermo italiano si è fermato a 59,6 milioni di sterline (-20,8%), con gli sparkling a 43,9 milioni di sterline (-18,8%). Ambivalente il dato delle importazioni della Russia, a 36,7 milioni di dollari (-5,6%) per i vini fermi imbottigliati, ed a 18,9 milioni di dollari per le bollicine (+15,3%).
Restando in Europa, lascia qualcosa sul campo anche la Svizzera, con le importazioni di imbottigliato fermo a 69,6 milioni di euro (-3,9%, un calo tutto sommato contenuto, specie se lo si paragona al tracollo della Francia: -32,5%), e quelle degli sparkling a 11,5 milioni di euro (-8,3%). E a proposito di Francia, è interessante sottolineare come l’Italia sia l’unico Paese ad aver visto crescere le proprie spedizioni nel periodo: +2,8% per l’imbottigliato fermo, a 16 milioni di euro, e +13,6% per le bollicine, a 11,4 milioni di euro. Dati decisamente positivi dagli Stati Uniti, dove la paura dei possibili dazi sul vino importato dall’Italia ha spinto le spedizioni tricolore (ma non quelle francesi, che i dazi in vigore spingono al -21,3%) a 407 milioni di dollari (+15,6%) per i vini fermi imbottigliati ed a 114,6 milioni di dollari (+9%) per gli sparkling. Più o meno stabile il Canada, mercato in cui, come ci auguriamo possano confermare i dati del secondo trimestre dell’anno, il Monopolio di Stato ha garantito una relativa tranquillità: imbottigliato fermo a 68,1 milioni di euro (-1,1%), mentre le bollicine continuano a correre, a 9,2 milioni di euro (+12,6%).
In Sud America, il Brasile, prima di diventare il Paese più colpito dall’epidemia, aveva chiuso il trimestre in territorio negativo, specie a causa della concorrenza di Cile, Portogallo e Spagna, che nel periodo sono cresciuti tutti a doppia cifra: l’Italia, invece, ha segnato il -8,8% per i vini fermi imbottigliati, a 7 milioni di dollari, ed il -22,1 per gli sparkling, a 862.000 dollari. Dati negativi anche in Cina, ma senza destare sorprese: qui la pandemia, ed il conseguente lockdown di intere Regioni, è esplosa, con un vero e proprio tracollo delle importazioni. Così, il vino italiano perde il 14,8% nel segmento dell’imbottigliato fermo, che si attesta sui 30,5 milioni di dollari, ed il 31,7% nelle bollicine, a 3,5 milioni di dollari. Al contrario, in Corea del Sud, il Paese che meglio di chiunque altro al mondo ha contenuto e battuto il virus, nel primo trimestre dell’anno le spedizioni di imbottigliato fermo sono cresciute del +8,8%, a 7,1 milioni di euro, mentre gli sparkling sono crollati al -29,3%, a 1,57 milioni di euro. Simili ai dati cinesi quelli di Hong Kong, con l’imbottigliato fermo che perde il 14,6%, a 4,34 milioni di euro, e gli sparkling che lasciano sul terreno il 22,5%, e si fermano a 460.000 euro. Infine, il Giappone, dove l’imbottigliato fermo perde il 6,2%, a 30,3 milioni di euro, mentre le bollicine, al contrario, guadagnano il 4,3%, a 7,5 milioni di euro.
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