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LO SCENARIO

“Lucidità, collaborazione e azione”: la ricetta per il futuro del vino di Massimo Romani, ad Argea

“I dazi Usa (se confermati, ndr) colpiscono un comparto già provato da costi in aumento e instabilità globale. Filiera e istituzioni collaborino”
ARGEA, DAZI, FILIERA, ISTITUZIONI, MASSIMO ROMANI, vino, Mondo
Massimo Romani, ad Argea

In attesa di capire davvero cosa succederà sul fronte dei dazi tra Usa e Ue (in attesa della lista “zero for zero” in cui il vino spera di essere incluso, ma anche alla luce di rumors di stampa sui diversi documenti che sembrano rimettere in discussione molte cose, ad eccezione, per ora, della soglia del 15% massimo fissata da Trump su prodotti Ue), il settore del vino sta alla finestra. E agli appelli di organizzazioni di categoria ed importatori, come abbiamo riportato qui e qui, ora si aggiunge anche quello autorevole di Massimo Romani, ceo Argea, prima realtà privata del vino italiano per fatturato (464,2 milioni di euro nel 2024, ndr), controllata dalla società di private equity italiana Clessidra, e che ha messo insieme cantine come Zaccagnini, Poderi dal Nespoli, Cuvage, Ricossa e Botter, e che a febbraio 2025 ha acquisito anche l’importatore statunitense WinesU. “Ora più che mai servono lucidità, collaborazione e azione”, sottolinea Romani, secondo cui “in questo contesto, è necessario che tutta la filiera si riorganizzi in modo coeso, affrontando un riassetto strutturale in cui ogni attore - dalla produzione alla distribuzione - sia parte attiva nell’affrontare la situazione. Nessuno può restare ai margini: solo attraverso un’equa condivisione delle responsabilità sarà possibile garantire competitività e sostenibilità economica nel lungo periodo”. Perché i dazi, se davvero saranno al 15% anche per il vino, avranno un impatto importante in quello che è il primo mercato straniero per il vino italiano (1,8 miliardi di euro nel 2024, secondo i dati Istat, 886,1 milioni di euro nei primi 5 mesi del 2025, a +4% sullo stesso periodo 2024, nonostate la brusca frenata di maggio, secondo i dati Oive), “colpiscono un comparto già messo alla prova da costi in aumento e instabilità globale”, spiega Romani, sottolineando ancora che solo in Usa (dati: Unione Italiana Vini), “le imprese italiane rischiano un danno da 317 milioni di euro in un solo anno. Numeri che rendono evidente quanto il settore del vino sia uno dei più penalizzati da questo scenario. Alle istituzioni, chiediamo di continuare a sostenere con forza il vino e l’agroalimentare italiano nei tavoli internazionali, affinché i prodotti della terra - già gravati da un “dazio naturale” dovuto al cambiamento climatico e agli eventi atmosferici estremi - possano almeno beneficiare di una protezione commerciale adeguata. Qualora i dazi dovessero invece essere confermati nel lungo periodo - spiega Romani - è fondamentale prevedere misure di sostegno specifiche per il comparto agroalimentare: strumenti agili ed efficaci, capaci di compensare almeno in parte il danno competitivo e tutelare la tenuta economica delle aziende. In gioco non c’è solo la redditività di un settore strategico, ma anche la capacità di garantire occupazione, presidio del territorio e continuità produttiva in uno scenario globale sempre più instabile”.

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